Negli anni Novanta sono stati la boyband per eccellenza, ma il loro successo continua tutt’oggi, i Backstreet Boys sono pronti a tornare in pista con il loro nuovo album “In A World Like This”.
In un’intervista a Vanity Fair la boyband formata da A.J., Brian, Kevin, Howie e Nick ha raccontato com’è fare musica a vent’anni di distanza, oggi che sono circondati da moltissime nuove boyband di successo. A. J. dichiara:
Di questo abbiamo scritto l’80-90%, è la prima volta in vent’anni che abbiamo il pieno controllo creativo. E adesso abbiamo anche la nostra etichetta.
Alcuni di loro sono diventati papà e questo influenza anche i testi della loro canzone, Howie racconta che una di queste è incentrata proprio sul bullismo online, che miete vittime soprattutto negli USA. Nonostante il tempo passato, sul palco i Backstreet Boys continuano a ballare e scatenarsi, Kevin rivela:
Nel tour abbiamo incorporato molte delle vecchie coreografie, quelle che i nostri fan conoscono, amano e vogliono rivedere.
Kevin invece parla dell’etichetta “boyband” che è stata loro affidata e che un tempo consideravano una parola dispregiativa:
Un tempo era un termine dispregiativo: facce carine, ragazzi che vendono album ma non sanno cantare. Ora la gente sa chi siamo, se ci chiamano boy band va bene. Ci può persino avvicinare a fan più giovani.
Nick spiega perché il successo dei BSB è rimasto ancora grande:
Se siamo ancora qui, dopo vent’anni, è perché curiamo i nostri concerti. Quando spegni la radio o la Tv, che cosa ti resta? Le persone sanno che noi facciamo anche intrattenimento. Lo show deve essere grandioso.
E parlando della differenza tra gli anni Novanta e oggi, aggiunge:
Non c’erano i social network, era tutto più mistico. Non avevi l’artista sempre a portata di clic. Quando lo vedevi in Tv o a un concerto, potevi davvero entusiasmarti.
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