Repetita Iuvant, le cose ripetute giovano, in ambito giornalistico la locuzione latina assume però tutto un altro aspetto in un contesto dove si vuole dissuadere qualcheduno di tesi basate su precarie logiche. Nel caso di Augusto Minzolini direttore del Tg1 dal maggio 2009, la riproposizione di editoriali riguardo complotti orditi per sovvertire l’attuale ordine politico, sta diventando stucchevole e allo stesso tempo quasi grottesco. Anche questa volta dallo scranno del più importante telegiornale Rai, Minzolini ha ritenuto di istruire le masse alla vigilia di una importante scadenza elettorale. La tanto ingiuriata giustizia ad orologeria, il tintinnare di manette di non troppo lontana memoria, che secondo alcuni ma non tutti, arriva puntualmente a turbare i sonni dei governanti, diviene il vero e unico motivo per giustificare gli altrettanto puntuali nonché inutili monologhi di chi farebbe bene a gestire meglio il difficile ruolo di cui è stato investito.
Ci si ripropone il quesito su quale sia il compito di chi dirige una redazione televisiva: vegliare bonariamente sull’operato dei propri collaboratori, redarguendoli saltuariamente, quando sia necessario, intervenendo magari in prima persona solo in via eccezionale, oppure vestire i panni di pubblico inquisitore di parte come sta accadendo da qualche mese al Tg1? La figura di Minzolini è la degna rappresentazione dello stato infimo in cui soggiace l’informazione televisiva italiana dove chi è contro è un sovversivo, da mettere a tacere subito con tutti i mezzi legali, compreso un lacciuolo legislativo chiamato par condicio. In altri Paesi alcuno si sentirebbe in dovere di criticare il lavoro della magistratura come invece avviene in Italia e se l’informazione fa il suo dovere mettendo al corrente il pubblico degli ultimi avvenimenti come è connaturato nella sua essenza, perché subito gridare allo scandalo e “gogna mediatica”?