C’era una volta la libera informazione

Una pugnalata al cuore del diritto d’informazione, l’articolo 21 della Costituzione italiana. Ormai non abbiamo più dubbi, questo Paese è davvero alla frutta, colpito da una crisi economica e morale che colpisce tutti i comparti, come una variabile impazzita che ci fa tornare indietro di decenni fino a periodi cosi bui che mai avremmo voluto ricordare. Quello che sta accadendo nel campo dell’informazione e dei media in particolare, fa pensare che sia in atto un vero e proprio disegno ordito per zittire qualsiasi forma di civile dialogo.

Partiamo dalla cosiddetta par condicio, un’orrida legge tale da oscurare tutti i più popolari talk show Rai, su disposizione del suo direttore generale Mauro Masi. Il servizio pubblico ha deliberato una sorta di ghigliottina ispirata dal più classico autolesionismo in un periodo di vacche magre, al punto che lo stesso presidente Paolo Garimberti ha ammesso di vedere l’Azienda prossima al declino se non addirittura al collasso:“Se, come penso, il fine ultimo della classe politica è avvicinare il cittadino alla politica e di lottare contro l’astensionismo politico, ebbene questo fine non sarà mai raggiunto con questi mezzi, con l’invasione e l’assoggettamento della Rai. Al contrario“. Proprio perchè la Rai “è soprattutto un’azienda centrata sull’informazione in senso lato“, dunque “la politica avrebbe tutto il vantaggio a puntare sul dispiegamento di tutte le potenzialità informative della Rai“.

Stop ai talk politici RAI: è bufera! Si ribellano Bruno Vespa, Giovanni Floris, Antonio di Bella. Annozero parla di censura

Il consiglio di Amministrazione della Rai ha deliberato a maggioranza che, in applicazione del regolamento della Commissione Parlamentare per l’indirizzo Generale e la vigilanza dei servizi Radiotelevisivi, saranno sospesi temporaneamente, fino alle elezioni, Porta a porta, AnnoZero, L’ultima parola e Ballarò. Dove sarà possibile i programmi dovranno essere sostituiti da tribune elettorali. Le puntate delle trasmissioni saranno recuperate appena possibile.

Il direttore di Raitre Antonio Di Bella non ci sta e in una nota fa sapere (fonte Asca):

Raitre si oppone cono forza ad una decisione gravissima e senza precedenti ed esperirà ogni tentativo possibile per poter andare in onda con Ballarò e con ogni altra trasmissione nel rispetto dei telespettatori, della legge e della Costituzione. L’interesse aziendale della Rai era di interpretare e applicare la legge sulla par condicio e il relativo regolamento, difendendo al meglio la propria autonomia editoriale e la programmazione. E’ perciò inspiegabile la decisione presa a maggioranza dal CDA che cancella programmi di grande ascolto interpretando il regolamento ancor più radicalmente dello stesso relatore, il radicale Beltrandi, e ignorando il parere dello stesso Ufficio Legale della Rai che dava il via libera alla messa in onda dei talk show, a condizione che non ci fossero ospiti politici e che non fossero trattati temi politico-elettorali.

Par Condicio Rai: non cambia la norma sui programmi d’approfondimento

La norma del regolamento sulla par condicio che trasforma i programmi d’approfondimento in tribune elettorali non cambia: la richiesta di modifica formulata dall’opposizione è stata respinta e a nulla è servita la mediazione del presidente della Rai Sergio Zavoli.

Il capogruppo del Pdl Alessio Butti ha spiegato (fonte Adnkronos/Ign):

Non ci sono le condizioni per rivedere il regolamento. Il regolamento è stato votato, ampiamente discusso e le conseguenze sono state valutate. Si tratta di uno strumento utile per dare il massimo dell’informazione all’opinione pubblica, non si chiude niente e c’è la prima applicazione reale della legge nel rispetto della sentenza della corte.

Il capogruppo del Pd Fabrizio Morri ha commentato:

Editoriali tv, informazione o propaganda?


Repetita Iuvant, le cose ripetute giovano, in ambito giornalistico la locuzione latina assume però tutto un altro aspetto in un contesto dove si vuole dissuadere qualcheduno di tesi basate su precarie logiche. Nel caso di Augusto Minzolini direttore del Tg1 dal maggio 2009, la riproposizione di editoriali riguardo complotti orditi per sovvertire l’attuale ordine politico, sta diventando stucchevole e allo stesso tempo quasi grottesco. Anche questa volta dallo scranno del più importante telegiornale Rai, Minzolini ha ritenuto di istruire le masse alla vigilia di una importante scadenza elettorale. La tanto ingiuriata giustizia ad orologeria, il tintinnare di manette di non troppo lontana memoria, che secondo alcuni ma non tutti, arriva puntualmente a turbare i sonni dei governanti, diviene il vero e unico motivo per giustificare gli altrettanto puntuali nonché inutili monologhi di chi farebbe bene a gestire meglio il difficile ruolo di cui è stato investito.

Ci si ripropone il quesito su quale sia il compito di chi dirige una redazione televisiva: vegliare bonariamente sull’operato dei propri collaboratori, redarguendoli saltuariamente, quando sia necessario, intervenendo magari in prima persona solo in via eccezionale, oppure vestire i panni di pubblico inquisitore di parte come sta accadendo da qualche mese al Tg1? La figura di Minzolini è la degna rappresentazione dello stato infimo in cui soggiace l’informazione televisiva italiana dove chi è contro è un sovversivo, da mettere a tacere subito con tutti i mezzi legali, compreso un lacciuolo legislativo chiamato par condicio. In altri Paesi alcuno si sentirebbe in dovere di criticare il lavoro della magistratura come invece avviene in Italia e se l’informazione fa il suo dovere mettendo al corrente il pubblico degli ultimi avvenimenti come è connaturato nella sua essenza, perché subito gridare allo scandalo e “gogna mediatica”?

Tv sprecona, chi paga?

Ma cos’è questa crisi?”, recita un simpatico motivetto degli anni ’30 frutto della propaganda imperante di quel periodo non proprio roseo del nostro passato, la canzoncina aleggia nell’ineluttabile gioco di corsi e ricorsi storici fino a condurci nell’Italia del 21mo secolo dove la crisi economica c’è, eccome, a cui va ad aggiungersi quella dei valori, delle istituzioni, dei media, di fronte cui l’opinione pubblica rimane inspiegabilmente inerte. Il buon senso dovrebbe indicare la logica del risparmio, del tirare la cinghia, da cui niente e nessuno dovrebbe venir esentato, quando invece in certi ambienti si continua a scialacquare, a scapito di altri: rimaniamo esterrefatti di fronte a certe scelte di mamma Rai.

Non è la prima volta che torniamo su l’argomento, ma lo riteniamo doveroso proprio nella settimana che celebra il sessantesimo compleanno del Festival di Sanremo, in onda da stasera, trasformato in una sorta di singolare baraccone, senza tenere conto delle più elementari esigenze di badget che imporrebbero un minimo di rigore. Diciamola tutta: non si può certo dire che la Tv di Stato navighi nell’oro oppressa com’è da un debito che a oggi è di 700 milioni ripianabili in due anni secondo un pretenzioso piano industriale.

Fiorello apre alla Rai: torno per Fantastico

Fiorello è disponibile a tornare in Rai: lo showman numero uno in Italia, in un’intervista rilasciata a La Repubblica, apre le porte alla televisione di stato e spiega cosa vorrebbe proporre:

Certo che avrei voglia di tornare alla Rai, sono della Rai – anche se sono stato a Sky, e non è escluso che possa fare ancora qualcosa con loro o con Cielo – ma se torno non posso ripresentarmi per fare una cosetta. In Rai devo fare il sabato sera o uno spettacolone da grande budget, coi grandi ospiti: per capirci, un Fantastico tutto nuovo. Se lo ricorda che show era? Ecco, sarei pronto a fare il Fantastico 1 del nuovo millennio, reinventarmelo, rilanciarlo. Poi magari al posto mio, l’anno successivo, lo può condurre un altro. Proprio come successe col Fantastico di Baudo, che è diventato un marchio. Poi c’è stato quello di Boldi e della Laurito, di Celentano, Ranieri, della Oxa. Vorrei rilanciare un prototipo, che poi sarebbe ‘il grande varietà della Rai’, quello classico. Mi piace da morire quel tipo di spettacolo.

Fiorello ha voglia di grandi show e grande televisione:

Olimpiadi invernali Vancouver 2010 in Tv

Con la cerimonia di apertura di questa sera, trasmessa da Raidue a partire dalle 2.25, si inaugurano i XXI Giochi Olimpici Invernali.

I giochi, che si terranno a Vancouver dal 12 al 28 febbraio verranno seguiti con grande attenzione dalla Rai, con sette ore al giorno di dirette, telecronache, interviste (gestite in studio dalla conduttrice Ivana Vaccari) e approfondimenti, suddivise tra Raidue, Raitre e Raisport Più.

Sintonizzandosi sui canali Rai (e RAI HD canale digitale terrestre 501), ma anche sul sito internet www.raisport.rai.it, i telespettatori potranno vedere oltre 2500 atleti di 80 nazioni differenti contendersi le 86 medaglie messe in palio in discipline come Biathlon, Bob, Combinata nordica, Curling, Freestyle, Hockey ghiaccio, Pattinaggio di figura, Pattinaggio di velocità, Salto con gli sci, Sci alpino, Sci di fondo, Short track, Skeleton e Slittino.

Toni Garrani a Cinetivù, la televisione disprezza il pubblico

 Una quarantennale carriera artistica caratterizza il ricco curriculum del romano Antonio Garrani o più familiarmente Toni. Attore come il padre Ivo, conduttore, autore, esordisce in teatro nel 1970. Insieme a una solida esperienza sul palco dove lavora a fianco di nomi del calibro di Giancarlo Sbragia, Gabriele Lavia, Sergio Fantoni, Ilaria Occhini, Luigi Vannucchi, tra i tanti, approda anche in tv dove recita in numerosi sceneggiati fra cui Il Mercante di Venezia del 1978 e nei più recenti R.I.S. – Delitti imperfetti su Canale 5, la soap Un posto al sole su RaiTre, Incantesimo su RaiDue, Butta la luna, Madre detective, Capri 2, Fidati di me, Don Matteo su Raiuno. Dal sodalizio con Michele Mirabella nasce una serie di programmi per la radio e la tv fra cui Tra Scilla e Cariddi su Radio2 Rai e i televisivi Ricomincio da due (1990) con Raffella Carrà, La Piscina (1993) con Alba Parietti, Tivvùcumprà (1995), ha condotto diverse edizioni di Cominciamo Bene su Raitre e nel 2003 ha interpretato il ruolo del giudice Paolo Borsellino nel film Scorta QS21 (Gli Angeli di Borsellino) regia di Rocco Cesareo.

Toni, la tua è una carriera artistica di prim’ordine, puoi ritenerti soddisfatto o conservi ancora un classico sogno nel cassetto?

Mi piacerebbe fare del cinema d’autore, che del resto in Italia naviga su percorsi carsici, sotterranei. E’ un ambito in cui ancora si vedono cose interessanti.

In teatro hai conosciuto delle figure storiche, puoi raccontarci la tua esperienza con una di loro?

Giancarlo Sbragia, è stato il mio maestro, quello con cui ho cominciato a rubare le prime nozioni di una recitazione secca, scarna, essenziale, ma densa e piena di pathos interiore.

Morgan non vale una Alcoa

Ci hanno ammorbato per tutta la scorsa settimana con la storia di Marco Castoldi in arte Morgan e del suo rapporto con la polvere bianca, una sovraesposizione mediatica tale che lo stesso Mauro Masi dg della Rai ha dovuto ammettere:”La Rai è interessata da un’attenzione mediatica che ci sembra francamente eccessiva e anche un po’ superficiale“, un’incessante tamburo battente che ha interessato buona parte dei programmi della tv di Stato: da Il fatto del giorno a La vita in diretta, fino all’apoteosi nell’Arena di Massimo Giletti e in particolare a Porta a Porta, con le lacrime (di Livia Turco) e il pentimento del diretto interessato, un’interminabile sequela di sproloqui e frasi ad effetto condotta fino allo sfinimento dell’ignaro telespettatore.

Tutti bravi a stigmatizzare, l’utilizzo di droghe anche a scopo “taumaturgico”, ben diffuso in ogni dove non solo nel mondo dello spettacolo, (il servizio de Le Iene con i politici docet), motivo di sorpresa da parte dei più di fronte a quella che a tutti gli effetti appare come la scoperta dell’acqua calda. Una scelta quella di mettere Morgan al centro dell’attenzione premiata dai numeri, ma che cela ben altri sinuosi obiettivi, con l’opinione pubblica circuita, abbordata, depistata da quelli che dovrebbero essere le reali urgenze del momento.

Sanremo 2010: Rai taglia rimborsi spesa ai giovani e la FIMI insorge

 Una nuova polemica si abbatte sul Festival di Sanremo 2010: la Fimi ha accusato la Rai di aver tagliato i rimborsi spese degli artisti. Il presidente della FIMI Enzo Mazza fa sapere:

Siamo sconcertati soprattutto perché Rai aveva confermato che per la prossima edizione si sarebbero applicate le stesse condizioni del 2009: tagliare 30mila euro, ovvero 3.000 euro per partecipante alla categoria giovani, non sposta le economie della Rai ma mette in difficoltà le aziende che hanno già pianificato le spese per i giovani a Sanremo.

Arrivano le elezioni, cambiamo lo switch off 2010!

 Consentiteci d’essere un po’ arrabbiati, soprattutto quando i fatti confermano quello che già appariva inoppugnabile e il tempo si rivela arbitro super partes di fronte alle scellerate decisioni del genere umano. Dopo l’articolo dello scorso 1 dicembre eccoci tornare sull’argomento digitale terrestre, ci ritroviamo a denunciare l’eccessiva fretta con cui il Governo ha deciso di convertite in alcune aree geografiche tra cui il Piemonte Occidentale, buona parte del Lazio e della Campania il segnale analogico e di come i soliti inermi ma anche letargici cittadini abbiamo dovuto subire tutta una serie di evitabili disservizi.

Niente di grave” le maestranze annunciavano, “un passaggio non certo indolore ma meno traumatico del previsto” commentavano altre fonti. Ora veniteci a spiegare come mai nel momento in cui lo switch off si preparava ad interessare le ricche regioni del nord, si è deciso di cambiare le scadenze spostando le stesse a settembre. Per la cronaca, onde evitare ogni possibile obiezione, lo switch off previsto a primavera in Lombardia e nel resto del Piemonte si è tramutato in switch over con il passaggio entro il 18 maggio di Raidue e Retequattro a cui seguiranno solo a settembre il resto dei canali.

Due pesi e due misure da parte del Governo che in questo modo ha ammesso non troppo velatamente d’aver sbagliato nel disporre a tutti costi e in breve tempo, rispetto a una ipotizzabile tabella di marcia più blanda, l’utilizzo di un’unica tipologia di trasmissione in determinate aree geografiche.

Il decreto Romani uccide internet e salva la tv?

 Strano Paese l’Italia, manifesto di cultura millenaria che tutti ci invidiano, oppresso da mille contraddizioni mutuate da un’ignoranza latente che disconosce una cosi sublime tradizione, dove i governanti uniformano le leggi in base ai loro interessi, alla faccia di quella libertà cosi tanto proclamata ma mal preservata. In questi giorni Paolo Romani viceministro alle Attività Produttive, ha presentato un decreto che ufficialmente recepisce la direttiva comunitaria sulle televisioni (Tv senza frontiere) ma che di fatto andrebbe ad intaccare tra gli altri alcuni principi fondamentali che riguardano la fruizione di filmati sulla rete.

In particolare il decreto prevede: la cancellazione delle norme a sostegno delle produzioni indipendenti di fiction e cinema, la limitazione degli affollamenti pubblicitari per il satellite e i canali a pagamento, l’esclusione del tetto del 20% stabilito dalla legge Gasparri dei canali pay e di quelli che ripetono programmi e infine, il giro di vite sul web, derivante dall’inclusione di internet nella disciplina riguardante i siti che trasmettono non occasionalmente immagini. La normativa garantirebbe al dicastero delle Attività Produttive e quindi al governo, la discrezionalità in materia autorizzativa anche alle trasmissioni in diretta o live streaming su internet.

Moige a dicembre bocciati Domenica Cinque e Grande Fratello

I programmi Domenica Cinque e Grande Fratello 10, secondo i dati elaborati dall’Osservatorio Tv del Moige ed in relazione ai dati pervenuti a dicembre 2009 attraverso il numero verde, sono insieme a Canale 5, i programmi Out di dicembre.

Differentemente dalla Rai, Canale 5 durante il periodo delle feste natalizie, non ha mandato in onda nessun programma interessante per la fascia dei bambini, facendo accrescere numerose lamentele dal Movimento Italiano Genitori.

Il programma condotto dalla Barbara D’Urso, Domenica 5, secondo il Moige rappresenta una continua violazione del codice di autoregolamentazione sia per i contenuti, sia per gli ospiti fissi pronti a dire parolacce, insultarsi e via dicendo, sia della trasmissione non adatta ad un pubblico eterogeneo e definita la più Trash.

Che fine ha fatto la serra creativa?

 La domanda nasce spontanea, tanto per parafrasare un Antonio Lubrano d’annata: se il pubblico televisivo abbandonasse in massa il piccolo schermo cosa accadrebbe? Probabilmente la stessa cosa se gli italiani decidessero di lasciare a casa la propria automobile per qualche giorno: il prezzo della benzina che sale anche quando non sarebbe necessario, calerebbe di brutto, così come per la tv ci si deciderebbe a riscrivere un panorama desolante e ripetitivo. Ma è risaputo come l’italica genìa sia affezionata al proprio mezzo privato, nella stessa misura in cui è legata all’apparecchio televisivo.

La scena che ci si è presentata davanti sabato sera ci ha lasciati per certi versi perplessi: all’ennesima edizione di Ballando con le stelle su Raiuno, Canale 5 che tra la l’altro ha perso la prima sfida, ha opposto Io Canto, fotocopia di Ti lascio una canzone della Rai con protagonisti i piccoli talenti, alla conduzione un Gerry Scotti sempre professionale ma che da punto di forza si è rivelato secondo noi anello debole di una formula consolidata. Alla guida di un programma del genere avremmo visto volentieri una figura femminile così come era accaduto sulla Rai con Antonella Clerici e non a caso l’auditel ha dato ragione all’inossidabile Milly Carlucci. Il discorso è semmai un altro: all’ovest dell’universo televisivo non c’è davvero nulla di nuovo sia a livello creativo che in fatto di volti inediti. Se la Rai si è ridotta ad affidare I Raccomandati ad Enzo Ghinazzi, allora siamo davvero alla frutta.