Da questa sera su Raiuno andrà in onda in versione integrale, in formato miniserie televisiva in due puntate, Sanguepazzo, il film diretto da Marco Tullio Giordana, scritto dallo stesso regista con Leone Colonna ed Enzo Ungari, presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2008.
Il film, interpretato da un cast d’attori di primo livello, quali Luca Zingaretti, Monica Bellucci e Alessio Boni, affiancati da Luigi Lo Cascio, Maurizio Donadoni, Alessandro Di Natale, Tresy Taddei, Luigi Diberti, Marco Paolini , Sonia Bergamasco e Danilo De Summa, racconta la storia d’amore di Osvaldo Valenti (Zingaretti) e Luisa Ferida (Bellucci), due divi italiani dell’epoca fascista, amanti dissoluti, cocainomani, da quando si conoscono a quando vengono arrestati e fucilati dopo aver aderito alla Repubblica di Salò.
Marco Tullio Giordana, sintetizza la storia in poche parole:
Quella di Osvaldo Valenti e Luisa Ferida è la storia di due attori spinti da vanità e smania di protagonismo a compromettersi con avvenimenti più grandi di loro.
Luca Zingaretti parlando del suo personaggio dice:
Imitava il Duce ma non si iscrisse mai al partito fascista. Aderì alla Repubblica di Salò per incoscienza, patriottismo e per procurarsi la morfina.
Il regista spiega, nelle note di regia, quali sono i temi fondamentali della sua opera: la vanità dell’attore, il tema del doppio e il mito del cinema.
la vanità dell’attore, la sua fragilità di fronte al bisogno di primeggiare, essere riconosciuto. Una specie di bulimica – sempre inappagata – fame d’amore. La ricerca della visibilità e del successo viene prima di ogni cosa, passa davanti a tutto, senza valutare rischi e compromessi. È la moderna trasposizione del mito di Narciso che, innamorato della propria immagine, annega nell’acqua che la specchia. Ma c’è un altro tema ugualmente importante: l’autodistruttività così pervasiva della vita di molti artisti, la loro esuberanza sempre minacciata dalla depressione.
C’è in questo tema del “doppio”, della “controfigura”, qualcosa di affascinante e al tempo stesso sinistro: l’emulazione del fan, la sua mitomania, finisce per ritorcersi contro la celebrità che l’ha sedotto
In Sanguepazzo è fondamentale il mito del cinema, quello che Pier Paolo Pasolini chiamava “la religione del mio tempo”. È il cinema che fabbrica e diffonde la leggenda, amplifica la portata degli eventi, la personalità dei suoi protagonisti. La “fabbrica” del cinema viene qui raccontata dal suo interno: dagli inizi dell’epopea (Cinecittà, inaugurata nel 1936) ai fasti mondani (la Mostra del Cinema) alla crisi finale (Salò, Venezia, Milano) … Sanguepazzo vuole raccontare attraverso tutti questi personaggi una parte dell’avventurosa storia del cinema italiano nei suoi anni più contrastati e dolorosi. Quelli che lo segneranno indelebilmente, fonti dell’ispirazione che lo renderà grande in tutto il mondo.
Se volete conoscere una storia realmente accaduta e poco conosciuta, non perdetevi questa sera alle 21.30 e domani alle 21.10 su Raiuno le due parti di Sanguepazzo.