Oggi, martedì 28 agosto, salterà il termine per l’asta sulle frequenze televisive. La gara, secondo le indicazioni contenute nel decreto fiscale convertito nella legge 44 del 26 aprile, si sarebbe dovuta svolgere entro 120 giorni. La notizia è stata riportata da Libero e Il Mattino.
AgCom
Agcom, no a commutazione di frequenze di H3g
L’Agcom ha respinto all’unanimità la richiesta di H3g di commutare le sue frequenze in tecnologia Dvb-H, e quindi valide per l’ormai obsoleto tivufonino, in frequenze Dvb-T e dunque utilizzabili dai grandi network per trasmissioni televisive.
Digitale Terrestre: numerazione LCN, delibera annullata
Il Tar del Lazio ha annullato la delibera 366/10/Cons dell’AGCOM, riguardo l’ordinamento automatico dei canali del digitale terrestre. Una decisione che ha soddisfatto il Comitato Radio Tv Locali che, attraverso un comunicato, ha ribadito le giuste motivazioni della sentenza.
Ricavi Tv, Mediaset sorpassa Sky
Mediaset è nuovamente il primo operatore televisivo per ricavi in Italia: la società del Biscione tocca quota 2 miliardi 770,6 milioni e, grazie all’incremento dell’8,1% rispetto allo scorso anno, batte Sky, che cresce dell’1,8% e si attesta a quota 2 miliardi 630,76 milioni di euro. Al terzo posto, anche quest’anno, la Rai che, pur crescendo del 2,5%, si ferma a 2 miliardi e 553,84 milioni di euro. A rivelarlo è la relazione annuale dell’Agcom al Parlamento illustrata ieri dal presidente Corrado Calabrò.
La relazione sottolinea che l’incidenza di Mediaset sul totale delle risorse degli operatori televisivi ammonta al 30,9%, quella di Sky al 29,3%, quella della Rai al 28,4% e quella di Telecom Italia all’1,8% (in crescita del 4,9%). L’insieme degli altri operatori incide complessivamente sul 9,6% dei ricavi (+7,5%). Il totale dei ricavi del settore cresce del 4,5% e ammonta a 8 miliardi e 976,46 milioni di euro.
Corrado Calabrò ricorda:
Agcom multa Tg1, Tg2, Tg4, Tg5 e Studio Aperto per sovraesposizione di Silvio Berlusconi
Agcom ha punito l’eccessiva esposizione mediatica riservata al presidente del consiglio Silvio Berlusconi da Tg2, Tg5, Studio Aperto, Tg1 e Tg4 nella giornata di venerdì 20 maggio con multe da 100mila euro nei primi tre casi e da 258mila euro (il massimo della multa) negli ultimi due casi. L’autorità dice:
le interviste a Berlusconi, tutte contenenti opinioni e valutazioni politiche sui temi della campagna elettorale, ed omologhe per modalità di esposizione mediatica, hanno determinato una violazione dei regolamenti elettorali emanati dalla Commissione parlamentare di Vigilanza e dall’ Agcom.
Non si sono fatte attendere le reazioni. Mediaset in una nota si dice allibita:
Televoto: Agcom stabilisce nuove regole, soddisfatta l’Unione Nazionale Consumatori
L’Agcom ha approvato ieri le nuove regole applicabili a tutti i servizi di televoto utilizzati nel corso di trasmissioni radiotelevisive. L’autorità per le garanzie nelle comunicazioni in una nota spiega:
l’obiettivo principale è quello di assicurare agli utenti più trasparenza sul complessivo funzionamento del servizio e soprattutto sulla sua affidabilità, perché chi vota possa confidare sul fatto di partecipare seriamente alla competizione in corso, i cui risultati non devono poter essere alterati da chiamate provenienti da call center, da sistemi automatizzati di invio di sms o anche da tetti di voto molto elevati, che non tutti possono economicamente raggiungere.
Le nuove regole prevedono: la possibilità per gli utenti di conoscere le caratteristiche essenziali del televoto almeno 7 giorni prima dell’inizio della trasmissione, compresi i recapiti per eventuali segnalazioni o reclami; l’esclusione dei voti provenienti da centralini, call center o comunque da sistemi ripetitivi di invio, che alterano l’effettiva rilevazione delle preferenze espresse; i nuovi limiti di 5 e 10 voti dalla stessa utenza, a seconda della durata della sessione di voto, con un massimo di 50 voti settimanali; la totale gratuità dei voti invalidi, per i quali l’utente non deve pagare neanche l’invio; la ripetizione, nel corso della trasmissione, delle informazioni principali sul servizio sui costi del servizio e sul suo complessivo funzionamento e sulla reperibilità del regolamento di televoto; la pubblicazione anche on line, in dettaglio, dei risultati del televoto per almeno 60 giorni di tempo.
Digitale Terrestre, un dividendo assegnato ai soliti noti?
Il passaggio del sistema televisivo italiano dall’analogico al digitale, si arricchisce di una nuova e importante fase. L’Agcom sta infatti avviando le procedure per l’assegnazione delle frequenze del cosiddetto dividendo digitale esterno, ovvero quelle che si sono liberate proprio a seguito della trasmigrazione delle emittenti tv sul Dtt. Nel computo dovrebbero essere comprese anche quelle utilizzate dal ministero della Difesa. La gara, come già sostenuto in passato dal presidente Corrado Calabrò sarà:“in linea con quanto avviene in tutta Europa, la procedura pubblica sarà del tipo beauty contest” attraverso un’asta e relativa acquisizione da parte del miglior offerente. Per l’occasione il Governo prevede di incamerare qualcosa come 2,4 miliardi di euro, per questo motivo l’Autorità ha proposto che venga creato un Comitato di ministri con il compito di disciplinare la gara. Da considerare che mentre all’estero il passaggio al digitale terrestre è servito ai Governi per incamerare fior di quattrini dalla vendita delle frequenze, negli Stati Uniti 19 miliardi, in Germania 8, in Italia si è deciso di ricevere appena l’1% sul fatturato annuale contro il 4-5% di altri Paesi, proprio in un momento in cui la congiuntura economica suggerirebbe di sfruttare al massimo ogni fonte possibile di introito.
La messa all’incanto delle frequenze analogiche verrà gestita dal ministero dello Sviluppo economico, ma secondo la Legge di stabilità dello scorso dicembre entro 15 giorni dall’entrata in vigore l’Agcom deve avviare “le procedure per l’assegnazione di diritti d’uso di frequenze radioelettriche da destinare a servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda” e di “altre risorse eventualmente disponibili” quelle del ministero della Difesa appunto con “l’obiettivo di garantire ancora maggiore innovazione e concorrenza al settore delle comunicazioni elettroniche”. C’è da dire inoltre che l’Autorità sembra intenzionata a non garantire a tutti la possibilità di partecipare all’asta, all’art 6 del documento di consultazione pubblica che stabilisce le modalità di assegnazione del dividendo si parla chiaramente di soggetti “in possesso dell’autorizzazione generale di operatore di rete televisivo”, limitando di fatto il numero dei partecipanti ai soliti noti e non a qualche nuova “entità” intenzionata all’acquisto.
Delibera Agcom anti You Tube, chi ci guadagna?
Una doccia gelata, quella caduta sui più popolari siti di video sharing come You Tube e DailyMotion ma anche il nostrano YouReporter a seguito di due delibere pubblicate di recente dall’Agcom che di fatto li allinea alle più tradizionali emittenti radiotelevisive. In precedenza il decreto Romani che regolamenta le web tv e le web radio aveva escluso i siti aggregatori di video. La notizia ha già fatto il giro del mondo è negli Stati Uniti in molti hanno storto la bocca, individuando in esse un regalo a chi da qualche tempo ha capito che il web è una preziosa fonte di guadagno e non vede di buon occhio che qualcun altro proponga, senza autorizzazione alcuna, contenuti ritenuti indissolubilmente suoi. Se è vero che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, come è riportato sul sito, è un’autorità indipendente, istituita dalla legge 249 del 31 luglio 1997, è altrettanto assodato che la recente quanto inaspettata decisione abbia in qualche modo favorito strutture come Mediaset, che da qualche anno proprio per motivi di copyright porta avanti contro You Tube una guerra senza quartiere.
Nel 2008 Mediaset, denunciando che allora fossero presenti su You Tube almeno 4.643 filmati ricavati da propri palinsesti pari a oltre 325 ore di materiale emesso senza possedere i diritti, chiese al colosso americano un risarcimento di 500 milioni di euro. A oggi la battaglia legale va avanti, con un ulteriore punto a favore dell’Azienda del Biscione, come dichiarato su Repubblica da Guido Scorza, avvocato esperto di diritto su internet: “nei vari processi contro YouTube, per esempio quello intentato da Mediaset per violazione di diritto d’autore, si rafforzerà il concetto che il sito ha una responsabilità editoriale. Dopo questa delibera, sarà difficile per il giudice stabilire il contrario“.
Digitale Terrestre, tv e radio locali contro i provvedimenti del Governo
Le tv locali sul piede di guerra, il digitale terrestre verso cui tutte le emittenti televisive italiane sono destinate a migrare entro il 2012, (ma qualcuno parla addirittura di anticipare lo switch off al 2011) si sta rivelando un affare per le reti nazionali mentre per i “piccoli” si profila come un cappio sempre più stretto destinato a vanificarne l’esistenza. Quanto la situazione sia tutt’altro che rosea appare evidente dopo che il Governo nel decreto legge Milleproroghe, approvato recentemente, ha cancellato lo stanziamento di 45 milioni di euro disposto dalla legge di Stabilità 2011 riducendo al lumicino una fonte rilevante di sostentamento per le realtà radio e tv locali.
Maurizio Giunco presidente dell’associazione Tv locali FRT mostrava d’avere già le idee chiare sulle reali intenzioni del Governo quando qualche giorno fa prima dell’approvazione del Milleproroghe dichiarava a Milano Finanza:“Fino a oggi pensavamo che la legge Gasparri avesse effettivamente contribuito ad ampliare il pluralismo e la liberalizzazione dell’etere, ma da un po’ di tempo il clima è cambiato e con la legge di Stabilità il Governo ha deciso che le tv locali non potranno più ospitare fornitori di contenuti nazionali, mentre allo stesso tempo verranno costrette a cedere frequenze per permettere al Governo di indire la gara tra gli operatori telefonici”. A cose fatte Giunco non poteva che concludere: “Questo potrebbe essere il colpo decisivo assestato dal Governo Berlusconi all’emittenza locale che potrebbe portare al definitivo tracollo del comparto già messo a dura prova da una serie di azioni attuate proprio attraverso la legge di Stabilità recentemente approvata dalle Camere. Ricordiamo infatti che questo provvedimento ha previsto la sottrazione alle tv locali di ben nove frequenze (canali da 61 a 69) da destinare alla telefonia mobile, oltre ad una delega in bianco al Ministero dello Sviluppo Economico al fine di fissare nuovi e pesanti obblighi per gli operatori televisivi locali. Tutto ciò proprio nel momento in cui lo stesso Governo si appresta ad assegnare gratuitamente ad alcune reti nazionali alcune frequenze coordinate del cosiddetto dividendo interno“.
Switch Off Nord Italia: nevrosi digitale?
Come volevasi dimostrare il cammino verso lo switch off televisivo, ovvero il passaggio dal sistema di trasmissione analogico al digitale che in queste ultime settimane ha coinvolto il nord Italia, è stato irto di inconvenienti di ogni tipo, in un concatenarsi di eventi del tutto speculari a quello che era accaduto nelle regioni ormai all digital come il Lazio e la Campania. E’ evidente che una trasformazione epocale come questa qualche complicazione della prima ora l’avrebbe generata, ma come sempre accade dalle nostre parti abbiamo saputo dare quel tocco in più frutto di pressapochismo e scarsa informazione di base, che ha fatto la felicità soprattutto degli antennisti, connotando come vittima sacrificale il solito ignaro utente.
Lo switch off nell’Italia del nord è iniziato lo scorso 25 ottobre interessando la cosiddetta Area Tecnica 3 ovvero Lombardia, Piemonte Orientale, le province di Piacenza e Parma per un totale di 5,3 famiglie. Al momento è in corso la seconda fase fino al 15 dicembre che coinvolge le Aree Tecniche 5,6,7: il resto dell’Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia (4,2 milioni di famiglie). I disservizi, che hanno visto protagoniste loro malgrado soprattutto le persone anziane, sono sempre gli stessi: problemi di ricezione, canali spariti, schermo “nero”, gli utenti Mediaset Premium non hanno potuto fruire dei servizi a pagamento, tanto che le associazioni dei consumatori nella fattispecie Altroconsumo ha richiesto a Mediaset l’elargizione di un bonus di risarcimento. Inconvenienti di ogni tipo che la recente approvazione del piano Agcom sulla posizione dei canali sul telecomando digitale ha solo parzialmente mitigato.
Telegiornali, Agcom annuncia nuove regole per il pluralismo
Il garante per le comunicazioni ha annunciato i nuovi criteri per la vigilanza sul rispetto del pluralismo politico e istituzionale nei telegiornali diffusi dalle reti televisive nazionali.
L’Agcom, che vuole assicurare la massima conoscenza e trasparenza delle valutazioni dell’autorità, traccia le linee guida sia per i periodi non elettorali o referendari, sia per quelli di campagna elettorale. Si legge nella nota:
Nei periodi non elettorali o referendari i dati sono pubblicati sul sito web dell’Agcom con cadenza mensile. Le valutazioni sul rispetto del pluralismo si basano sui dati riferiti a ciascun trimestre e sui parametri costituiti dal tempo di notizia (spazio dato ad un argomento in relazione a un soggetto politico o istituzionale), parola (spazio dato alle dichiarazioni del soggetto politico o istituzionale) e antenna (somma di antenna e parola). Nelle valutazioni l’Autorità si ispira al principio della parità di trattamento, attribuendo peso prevalente al tempo di parola di ciascun soggetto politico o istituzionale, che rappresenta l’indicatore quantitativo più valido per verificare il grado di pluralismo. Fino adesso, nei periodi non elettorali, si faceva invece prevalentemente riferimento al tempo di antenna.
Agcom diffida il Tg1, richiama Tg4 e Studio Aperto per squilibrio a favore di maggioranza e governo: Minzolini, Fede e Toti non ci stanno
L’Agcom ha ammonito Rai e Mediaset a causa del forte squilibrio dell’informazione a favore della maggioranza e del governo: la commissione Servizi e Prodotti dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dopo aver analizzato il pluralismo per il periodo luglio – agosto – settembre 2010, ha diffidato il Tg1 e ha richiamato il Tg4 e Studio Aperto, che non sono stati equi nel minutaggio. Per questo l’autorità avverte:
Qualora tale squilibrio perdurasse verranno adottati ulteriori provvedimenti.
Augusto Minzolini, direttore del Tg1 ha replicato (fonte Libero):
E’ una decisione che mi lascia perplesso e poi non può certo essere l’Agcom a dire quale deve essere la presenza dei partiti all’interno del telegiornale. I dati dell’Osservatorio di Pavia che abbiamo a disposizione vedono a settembre l’istituzionale al 13,7%, il governo al 36,5%, la maggioranza al 21,5% e l’opposizione al 25,6%.Come si vede i dati sono sostanzialmente in linea con la divisione 30 al governo, 30 alla maggioranza, 30 all’opposizione. Questa discordanza di dati con quelli dell’Agcom è già una stranezza. E bisogna considerare che Fli è conteggiato nella maggioranza. In secondo luogo nell’ultimo periodo le vicende politiche hanno riguardato prevalentemente la maggioranza e il governo ed il criterio di notiziabilità va comunque considerato.
Qualitel: Report il programma più amato (alla faccia di chi non vorrebbe)
Qualcuno era a conoscenza che esistesse il Qualitel? Da alcuni mesi infatti un istituto specializzato si è preso la briga per conto della Rai di effettuare un sondaggio tra qualche migliaio di italiani per rilevare i gusti televisivi degli stessi. Il monitoraggio, previsto dal contratto di servizio, rileva la qualità percepita dei principali programmi televisivi e ora come richiesto dall’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni è disponibile sul sito della Tv di Stato. Secondo una recente notizia Ansa, un campione di 7.627 cittadini italiani con più di 13 anni tra cui 3.197 intervistati anche per il prime time, ha sancito un dato per certi versi sorprendente relativo alla primavera 2010.
Se è vero che il pubblico di casa nostra mostra di avere una spiccata predilezione per i programmi d’informazione, telegiornali in primis e quelli di approfondimento giornalistico, Report su tutti, seguiti dagli sceneggiati, è altrettanto assodato il disinnamoramento per l’intrattenimento e udite, udite lo sport.
Annozero, crisi di regime: siamo tutti nella monnezza?
La crisi della politica la fa da padrona nella puntata più recente di Annozero, un cadavere in putrefazione i cui miasmi fanno il paio con quelli provenienti dai siti napoletani. Come è nel suo stile l’incipit di Michele Santoro parte alla lontana per poi arrivare diritto al punto, il sassolino nella scarpa tramutatosi in macigno viene tolto in un proverbiale gesto liberatorio. Il giornalista si rivolge al presidente Rai Paolo Garimberti, quando il suo obiettivo resta comunque il dg Mauro Masi che le ultime danno in via di destituzione, colui che dopo il “vaffan..bicchiere” ha deciso di inviare a Santoro una lettera di richiamo in attesa di ulteriori provvedimenti disciplinari (ma ci saranno davvero?).
E’ il pubblico il vero giudice del piccolo schermo, colui in grado di sancire successi, di fare il pollice verso chiudendo ogni discussione. Qualcuno ai piani alti della Rai pare non averlo ancora capito. Ringhia Santoro: in un ipotetico TG Zero, condotto dalla bella e brava Monica Giandotti viene fuori come colui che dovrebbe vegliare con imparzialità sulle comunicazioni, Antonio Martusciello commissario Agcom, succeduto allo sventurato Giancarlo Innocenzi reo di incapacità nel “far fuori” Annozero al momento opportuno, non è altro che un fedelissimo di Silvio Berlusconi, alla faccia di quella “indipendenza e autonomia” di cui dà sfoggio l’Autorità sul proprio sito.