Il mondo della fiction e quello del cinema domani manifesteranno davanti alla sede della Rai in Via Mazzini, per protestare contro il decreto sulla televisione approvato dal Governo, che prevede l’annullamento per i network degli obblighi di investimento e programmazione di fiction e film provenienti da produzioni italiane indipendenti (confermate, dunque, le voci riportate giorni fa da Repubblica).
Il gruppo dei 100 autori in un comunicato spiega quali problemi comporta il decreto sulla televisione: i network, potranno evitare di investire sulle nuove produzioni, perché autorizzati a trasmettere prodotti non recenti al loro posto.
Le emittenti televisive riservano il 10 per cento dei propri introiti netti annui “alla produzione, al finanziamento, al preacquisto e all’acquisto di opere europee realizzate da produttori indipendenti”. E solo successivamente afferma che “la percentuale di cui al presente comma deve essere raggiunta assegnando una quota adeguata ad opere recenti, vale a dire quelle diffuse entro cinque anni dalla loro produzione, incluse le opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte”. In questo modo, non solo la quote della Rai viene abbassata dal 15 al 10 per cento, ma l’espressione “quota adeguata” rende di fatto discrezionale l’investimento da destinare alle produzioni europee indipendenti “recenti” cosicché, eliminato l’obbligo di programmazione “nelle fasce orarie di maggiore ascolto” previste dalla precedente legge, le emittenti possono rispettare il decreto anche diffondendo prodotto non “recente” e in qualunque fascia oraria (vecchi film nel cuore della notte).
Secondo il movimento dei 100 autori, alla base di questa scelta, ci sarebbe il conflitto di interessi, che avvantaggerebbe Mediaset:
Ancora una volta il conflitto di interessi, permette al Presidente del Consiglio di condizionare le politiche editoriali della Rai a vantaggio degli interessi di Mediaset. Se la Rai smette di proporre film e fiction di successo, Mediaset può sottrarsi alla competizione e risparmiare sui propri investimenti. A causa di questo provvedimento, da oggi l’industria del cinema e della narrativa televisiva che negli ultimi anni ha generato cultura ed enorme ricchezza, prodotti di qualità e posti di lavoro, rischia di morire lasciando questo paese e i suoi cittadini più poveri e privi della possibilità di raccontarsi.