Questa sera e domani su Raiuno alle 21.30 andrà in onda La donna della domenica, il film in due parti prodotto da Rai Fiction e Rizzoli Audiovisivi, ispirato al celebre romanzo di Fruttero e Lucentini pubblicato nel 1972, che venne trasposto per il cinema in un lungometraggio con Marcello Mastroianni e Jacqueline Bisset.
La miniserie, diretta da Giulio Base, interpretata da Giampaolo Morelli, Andrea Osvart, Franco Castellano, Sara Tommasi, Ninni Bruschetta, Fabrizio Bucci e Roberto Zibetti, è ambientata nella Torino del 1973: il commissario Santamaria deve indagare sull’omicidio dell’architetto Garrone, un personaggio squallido che vive di espedienti e viene ucciso nel suo studio con un fallo di pietra. Nella ricerca dell’assassino viene coinvolta Anna Carla, per aver scritto una lettera al suo amico Massimo Campi in cui afferma di voler uccidere l’architetto Garrone. Nonostante i due amici affermino di trattarsi solo di un gioco, uno scherzo, il commissario Santamaria indaga su di loro, insieme al vicecommissario De Palma e scopre, fra l’altro, l’omosessualità di Massimo, che ha una relazione con l’impiegato comunale Lello Riviera. Dopo un’indagine complessa e numerosi colpi di scena Santamaria, che inoltre si innamorerà, ricambiato, di Anna Carla, arriverà a scoprire il colpevole muovendosi tra gli ambienti della “buona società” torinese, nella piccola borghesia del capoluogo piemontese e fra i luoghi in cui e’ ambientato il libro di Fruttero e Lucentini: il Balon, mercato delle pulci, le antiche ville della collina e le gallerie d’arte dove, se capita, si vendono care anche opere false.
Giulio Base nelle note di regia scrive:
Torino 1973, io c’ero. Sono nato e cresciuto in quella città figlio di emigranti meridionali (proprio come il commissario Santamaria) che a fatica mi hanno fatto studiare nelle scuole private della ‘Torino bene’ (il mondo dorato della signora Dosio). Pertanto è stato un doppio privilegio avere l’opportunità di raccontare per immagini le pagine di quello che viene giustamente considerato un classico della letteratura italiana del ‘900. A totale servizio del romanzo -che amo- ho quindi cercato di rispettare soprattutto la preziosa alchimia dei generi creata dai due autori. LA DONNA DELLA DOMENICA è un giallo raffinato che alleggerisce la tensione dell’investigazione con venature ironiche, accompagnate da un saldo filo rosa, quando non erotico (il tratto principale dei molti avvenimenti che si affollano nel libro è proprio la malizia).
Ho cercato poi di riconsegnare al pubblico televisivo anche l’originalità dei due protagonisti: il commissario di polizia Francesco Santamaria indaga seriamente sugli omicidi, ma non è né un eroe né un antieroe: è un uomo. La radiosa signora Anna Carla Dosio, casalinga di lusso dipendente dal marito noioso, che all’inizio somiglia molto a una bella svampita, prende ad emanciparsi assumendo iniziative personali e -per l’Italia degli anni ’70- scandalose. In questi contrasti ho provato a muovere il mio sguardo, non concedendo spazio al classismo, non ponendo antitesi fra vizi e virtù, tentando di lasciare al gusto di chi segue le vicende la gioia di ricomporre il puzzle degli eventi e dei delitti. Lo stesso linguaggio ironico dell’opera letteraria è il mezzo di cui ho provato a servirmi per rendere trasparente il criticismo psicosociale, alleggerendolo di ogni prosopopea moralistica. La bravura di Fruttero & Lucentini sta anche nel non far pesare la derisione, collocandosi allo stesso piano di umanità media e comune dei caratteri descritti. Eppoi, come detto, io c’ero. Credo di poter dire di avere conosciuto in carne e sangue gli archetipi dei personaggi raccontati e spero davvero che questo abbia aiutato il risultato finale del nostro lavoro che è stato appassionatissimo da parte di ciascuno (mi sento di dover ringraziare di vero cuore RaiFiction, i produttori, gli sceneggiatori, il cast artistico e la troupe tecnica tutta).
Giampaolo Morelli parlando del commissario Santamaria dice (fonte Tv Sorrisi e Canzoni):
E’ un uomo di un’altra epoca, odia la superficialità e la faciloneria di certi personaggi: nobilotti, truffatori, borghesi. Ed essendo d’altri tempi, è integerrimo e anche colmo di indignazione, quella che oggi non si vede più.
Pino Caruso, che fa parte del cast della fiction e che trenta anni fa prese parte anche al film, commenta la versione tv (fonte La Stampa):
Io non la chiamo fiction ma film per la tv. Questo è buono: eseguito con una regia accurata e con attori che recitano molto bene. D’altra parte, l’avete notato? Gli schermi cinematografici si fanno sempre più piccoli quelli tivù più grandi: è segno che ormai conta il risultato finale. Per fortuna qua tutti gli attori parlano italiano. Noi avevamo Trintignant e la Bisset che dovevano essere doppiati. Il doppiaggio è stato una disgrazia.