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Rebecca, la prima moglie: recensione

L’idea e la concretizzazione di un amore dolce, vero, è l’incipit di Rebecca la prima moglie, la fiction ispirata dal film di Alfred Hitchcock del 1940, a sua volta tratta dal romanzo di Daphne Du Maurier.

La fiction, in onda il 7 e l’8 Aprile su Rai1 alle 21:05, racconta una storia in cui le donne sono le protagoniste indiscusse. Una storia di belligerante rivalità tra donne di carattere, un carattere che viene estirpato con la forza del conflitto.

Una giovane dama di compagnia conosce e sposa il ricco vedovo Max de Winter. L’ex moglie di Max è morta, si dice, durante un naufragio. Il marito riconosce il cadavere, e alla donna viene data degna sepoltura. Tuttavia un giorno il suo cadavere viene scoperto, e il caso si riapre


Non svelerò nient’altro della trama, mi sembra di aver parlato anche troppo. Concentriamoci adesso sugli aspetti di questa fiction, assolutamente da vedere, per una serie di motivi.

Sul grande schermo, il film, vincitore di due Academy Awards era interpretato da star del calibro di Joan Fontaine e Laurence Olivier, laddove l’odierna controparte televisiva vede la classe e la grinta di Cristiana Capotondi, Mariangela Melato e Alessio Boni.

Niente presentazioni per la Melato, qualunque tentativo risulterebbe ridondante, vi invito solo ad immaginare una Danvers di primissima categoria, e mi sento di sminuirla anche dicendo questo.

Personalmente la adoro, quindi non posso che dirvi quanto me la sono goduta nell’interpretazione della perfida Danvers. Ma anche gli altri giovani attori sono veramente a posto, non esiste la possibilità di confrontare le due versioni della storia, giacchè si tratta di due tecniche rappresentative diverse, ciascuna con le sue peculiarità.

Lo spirito del grande Hitchcock è tuttavia sempre presente, la scrittrice e il grande regista rappresentano propaggini reciproche l’uno dell’altro, e il regista Riccardo Milani ci regala un’interpretazione del dramma intensa e di primissima categoria.

Un bel team, tutti gli attori svolgono il loro compito come un coro del teatro greco, e tutti insieme riescono a rievocare Rebecca, a crearla quasi fisicamente. Sembra di vedere una di quelle immagini che rappresentano cose diverse a seconda del punto di vista da cui le si guarda.

Ora si ascolta una cameriera, ora si vede Rebecca, Ora si ascolta il maggiordomo, ora si sente il respiro di Rebecca. Rebecca trasuda dalle pareti della tenuta a Manderley.

E Rebecca porta la giovane dama alla follia, con la sua presenza, con i suoi drammi, con la sua storia agghiacciante, con il suo prepotente e violento non esserci più, con la sua presenza sottolineata dalle angherie sotto soglia perpetratele dalla persone che le sono intorno.

Anche la figura del compagno si adombra, diventa più oscura, diventa una figura incerta, a metà tra il nemico e lo sconosciuto. Bravissima la Capotondi, nel manifestare il sensi di oppressione e di inadeguatezza rispetto a tutto quello che le succede, e al nuovo inospitale mondo in cui viene proiettata.

E la Danvers, personaggio crepuscolare, lo diventa sempre di più, in un crescendo drammatico di cui dalla tradizione conosciamo lo sconvolgente epilogo.

3 commenti su “Rebecca, la prima moglie: recensione”

  1. Vorrei sapere se come dimora dei De Winters della Rebecca televisiva è stato utilizzato il Castello di Miramare di Trieste…altrimenti quale altro maniero non troppo avito? Grazie!

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  2. Dal sito rai:
    Le riprese, durate otto settimane, si sono svolte a Trieste tra la Prefettura, il museo comunale di Villa Sartorio, Palazzo Vivante, il Teatro Verdi e il Porto Vecchio, dove è stata ricreata in esterni l’ambientazione londinese anni Trenta.

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  3. Credo che gli ascolti nnotevoli siano stati frutto della curiosità verso il remake.
    Anche io l’ho seguito, proprio fino in fondo no, era impossibile. Quanta acqua nello champagne che ricordavo. Il grottesco non è però mancato.

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