Dall’alto delle sue dieci stagioni, Friends ha rivoluzionato il mondo delle sit-com, sotto molti punti di vista. Mi spingo oltre: Friends è riuscita ad essere formativa per una “generazione” (e forse più, ancora forse troppo presto per dirlo) di spettatori di ogni età.
A partire dal titolo, lci troviamo di fronte a una sit com immediata e fresca, i cui personaggi diventano, fin dalle prime puntate, oggetto dell’affetto degli spettatori, che partecipano in modo attivo alle vicende dei protagonisti.
Un pò perchè i temi trattati a volte sono molto vicini a noi e alla nostra vita di tutti i giorni; un pò semplicemente per la curiosità un pò voyeuristica che proviamo nei confronti delle storie degli altri, il tutto oliato da uno spirito e da un senso dell’umorismo estremamente appetibili.
La serie è stata creata da Marta Kauffman, David Crane e Kevin Bright (Bright-Kauffman-Crane Productions) e prodotta dalla Warner Bros.
La sit narra la vita di sei amici che vivono a New York nel quartiere di Greenwich Village; dalla serie principale è nato uno spin-off intitolato Joey con Matt LeBlanc come protagonista ancora nei panni di Joey.
Ci troviamo quindi di fronte alle vicende relazionali, in senso lato, di un gruppo di amici: Rachel Karen Green (Jennifer Aniston), Monica E. (Velula) Geller – Bing – (Courteney Cox Arquette), Phoebe Buffay – Hannigan – (Lisa Kudrow), Ross Eustace Geller (David Schwimmer), Chandler Muriel Bing (Matthew Perry), Joseph (Joey) Francis Tribbiani (Matt Le Blanc).
Mi sono riconosciuto spesso in situazioni Friends-like, specie durante alcuni periodi della mia vita: ai tempi dell’università, ad esempio, quando un luogo, per contingenze assolutamente casuali, diventava il punto d’incontro principale, un posto dove tutti affluivamo con grande costanza.
La casa di un amico studente fuori sede, un pub appena fuori dall’università. E lì, in questi piccoli antri pieni divita esplodevano le vicissitudini di tutti, per la maggior parte deivertenti e scanzonate, a volte tristi, a volte anche un pò drammatico, ma non importava.
Friends racchiude in sè un “sistema di simboli” che piace a tutti noi perchè l’abbiamo visto e vissuto. Io la chiamo anche “felicità a costo zero”, o, meno cosmicamente, “divertimento a costo zero”.
Tutto viene naturale, tutto è sinceramente esilarante, e non si dovevano fare grossi sforzi per risolvere le serate, per non sentire mai la voglia di andare a dormire.
E, come in Friends, il casino di qualcuno era il casino di tutti! Tutti davano il loro contributo, e anche la sola presenza aveva un singificato nel contesto dell’insieme della compagnia.
Nella versione originale di Friends c’è il pubblico in sala, che ride, applaude, e, addirittura, schiamazza e commenta. Questo dà un senso ulteriore di partecipazione, di divertimento spensierato.
Purtroppo nella versione italiana il tutto è stato cementato dal “Maalox sonoro” che è il doppiaggio, una sorta di schiacciasassi che ha giocoforza appiattito il tutto. Restano però le vicende, restano le storie, e le risate, quasi intatte.