Ci sono casi di telefilm, nella storia della televisione che, considerati flop in America, riscuotono grande successo nel resto del mondo. Uno di questi ve lo racconta oggi Recorder. Il nome della serie? Automan.
Nel 1983, Glen Larson creò, per la 20th Century Fox, un telefilm di fantascienza che doveva durare 26 puntate sulla ABC, ma che, a causa dei bassi ascolti, fu chiusa dopo solo 13 episodi. Quando arrivò in Italia, prima su Italia 1, poi su TMC 2, venne replicata numerose volte, ricevendo continui apprezzamenti da parte del pubblico.
La storia sembrava interessante: Walter Nebicher (Desi Arnaz Jr.), valido poliziotto del dipartimento di Los Angeles, che vorrebbe essere impiegato costantemente sul campo, viene relegato a lavori d’ufficio, complice la sua grande conoscenza dell’informatica. Nel suo tempo libero, Walter programma un videogioco creando un perfetto compagno per combattere il crimine dilagante che, a causa di un sovraccarico elettrico, prende forma. Lui è automan (Chuck Wagner), una immagine tridimensionale dotata di intelligenza artificiale, dal viso umano e il corpo coperto da una luce blu luminosa, che lo avvolge come una tuta. Lui, l’uomo virtuale è il paladino della giustizia.
Automan, conosciuto dal distretto di polizia come l’ispettore dell’FBI Otto Mann, aiuta Walter non solo a risolvere i casi più difficili, ma anche a fargli acquistare la giusta attenzione che si merita agli occhi dei suoi superiori, il Tenente Jack Curtis (Robert Lansing) e il Capitano E.G. Boyd (Gerald O’Loughlin).
Cosa ricordare? Cursore, un pixel luminoso, il compagno di vita di Automan, che lo veste (lasciando scoperto il collo) con l’abito adatto all’occasione e gli crea ogni tipo di mezzo di trasporto (da una bellissima Lamborghini nera con led blu, con cui affrontava le curve a novanta gradi, fino ad un elicottero ultratecnologico dello stesso colore dell’auto); l’impossibilità del protagonista di auto alimentarsi, costringendolo ad agire soprattutto la notte, quando gli elettrodomestici della città sono generalmente spenti e c’è maggior disponibilità energetica; la sua capacità di materializzarsi dove vuole, di trapassare il muro e gli oggetti e quella di lanciare scosse elettriche dalla mano; la collega e fidanzatina di Walter, Roxanne Caldwell (Heather McNair); i flirt tra Automan e gli oggetti tecnologici con i quali, parlando la stessa lingua, ha un certo feeling.
Concludendo:l’idea particolare, la simpatia delle puntate, di quarantacinque minuti l’una, la scorrevolezza della storia, potevano fare di Automan (di cui si dice non sia mai stato trasmesso in Italia l’ultimo episodio), una serie di sicuro successo e non la meteora tanto amata, che è passata sulle reti di tutto il mondo.
Era veramente carino Automan, peccato sia durato così poco!