Canone si, canone no, una disputa che dura da illo tempore rinfocolata dalla recente notizia, che dal prossimo anno la Rai ritoccherà quella che per molti rappresenta l’odiosa gabella di 1,50 euro passando dagli attuali 107,5 a 109 euro. Molti i fattori che depongono a sfavore di una così intempestiva decisione: innanzitutto l’evasione fiscale che fa del canone l’imposta più elusa dagli italiani senza che si faccia nulla per reprimerla, a ciò si aggiunge la campagna dissacratoria lanciata da alcuni organi di stampa che hanno fatto del canone l’agnello sacrificale, per indurre la Tv di Stato a riconsiderare l’esistenza di alcune trasmissioni ritenute “scomode” per gli organi governativi, uniamoci la qualità dell’offerta Rai non proprio ai massimi storici e il recente switch off verso il digitale terrestre che ha complicato in alcune zone geografiche la ricezione dei canali Rai, costringendo gli utenti ad accedere alle offerte satellitari, fra cui la recente di Tivù Sat, il consorzio nato dall’alleanza Rai, Telecom Italia Media e Mediaset.
I dubbi e incertezze circa la reale consistenza dell’imposta sono più che lecite, innanzitutto sono anni che assistiamo a un graduale annichilimento del servizio pubblico televisivo, con un appiattimento dell’offerta tutt’altro che alternativa a quella dei canali commerciali ma semmai equivalente, con spot pubblicitari chiamati ad infarcire ogni trasmissione senza un minimo di rispetto nemmeno per i film di un certo valore, allo stesso tempo sembra mancare all’interno della Tv di Stato quel briciolo di imprenditorialità che potrebbe far aumentare le risorse piuttosto che reprimerle come la recente decisione di accantonare l’accordo con Sky.
Emilio Miceli, Segretario generale SLC-CGIL, ha di recente affermato: “La Rai è un’azienda pericolosamente in crisi per la caduta dei ricavi pubblicitari, con un aumento dell’evasione del canone. È in crisi per la mancanza di investimenti sulle piattaforme e per il modo stupefacente con cui ha rifiutato, in queste condizioni, le risorse derivanti dal contratto con Sky. La Rai oggi deve ricorrere alle banche se vuole finanziare la spesa corrente diversamente dalla situazione sana nella quale si trovava appena due anni fa.”
C’è poco da stare allegri insomma, sul piano industriale 2010-2012, che conferma per ora la previsione di un buco da 600 milioni di euro, pesa la decisione di limitare il progetto fiction, settore che tutt’ora sta dando grandi soddisfazioni, da cui a partire dal prossimo anno verrà tagliata fuori Raidue a beneficio della sola Raiuno. Rainews 24 il canale che trasmette informazione di recente sbarcato su digitale terrestre con ottimi riscontri, naviga in cattive acque per mancanza di risorse.
“La concorrenza privata va, la Rai resta al palo. Ieri (16 dicembre) è sbarcata sul digitale terrestre Sky (il canale Cielo), l’esordio è stato affidato all’informazione di SkyTg24. Intanto la Rai resta a guardare e lascia irrisolte le questioni di fondo su Rainews24 che la redazione denuncia da tempo”, lo sottolinea il Cdr di Rainews24. “Qual è la missione? Con quali mezzi e risorse la deve assolvere? Qual è il modello produttivo? Perché consente la retrocessione della sua all-news al canale 42 mentre il concorrente ottiene il più vantaggioso canale 10? Domande che da mesi la Rai lascia senza risposta”.
Piuttosto che essere canone-dipendente la Rai dovrebbe trovare il modo di liberarsi da un abbonamento che in molti ritengono inutile, affidandosi a risorse alternative che al momento non è in grado di scovare, afflitta com’è dalla concorrenza di Mediaset di cui è ormai succube. O piuttosto per far innamorare di nuovo i propri utenti dovrebbe rimpossessarsi del ruolo di servizio pubblico, perso mano mano lungo la strada.