Oggi per la rubrica Cartoni Animati Story, voglio parlarvi di una serie animata giapponese (ispirata dal romanzo di Phyllis Piddington, Southem Rainbow) di Hiroshi Saito e prodotta dalla Nippon Animation nel 1982: Lucy May (Minami no Niji no Rūshī).
Il cartone, composto da cinquanta episodi totali, è andato in onda in Italia nel 1983 su Italia1, con la sigla iniziale cantata dalla beniamina dei bambini, Cristina D’Avena.
La serie gira intorno alla piccola Lucy May Popple che, alla fine del XIX secolo, assieme alla sua famiglia decide di lasciare l’Inghilterra, con direzione Australia (continente che in quel periodo si stava sviluppando), nella città di Adelaide a cercare un po’ di fortuna.
Dopo un viaggio lungo (tre mesi in mare) e complicato, la famiglia Poople riesce a toccare terra, il padre Arthur, la madre Annie, ed i figli Clare, Ben, Kate, Lucy May e Tob. Era il 1827, ed in quel periodo l’Australia stava avendo i primi colonizzatori, e il clan Poople era lì per avere il terreno gratuito che il governo prometteva di dare, dove poi, il capobranco Arthur, avrebbe fatto l’agricoltore, coltivando la sua terra con tecniche agricole innovative e trasformarla in un’azienda agricola (nessuno ti da gratis qualche cosa, in più i tempi rallentano dietro a qualche cavillo burocratico).
Le disavventure della famiglia non sono finite, la casa prefabbricata che Arthur si era portata dall’Inghilterra non può essere spostata dalla nave, decide così di venderla, andando a vivere con la famiglia, fuori città, in una piccola casetta.
La vita procede lenta, Arthur trova qualche lavoretto, e Lucy May e Kate, vanno alla ricerca delle creature più strane nella terra Australiana, i canguri, i koala che sono tipici della zona, riuscendo ad addomesticare un piccolo cucciolo di dingo, e a chiamarlo Piccolo.
Clara la sorella più adulta, con il passare del tempo si fidanzerà con John, Ben troverà lavoro presso la dogana, Lucy inizierà ad andare a scuola ed il padre troverà una fattoria di comperare. Sembrava tutto apposto, ma i guai per la famiglia Poople non sono ancora finiti, alla fine la fattoria non divenne della famiglia perché il padrone del terreno, avido e bisognoso di denaro, lo aveva venduto ad un altro.
La storia fa un salto temporale di quasi due anni, Lucy May oramai ha 10 anni, la famiglia si è trasferita in città, e nel posto di lavoro di Arthur, la cava di pietra, avviene un grave incidente dove lui, per salvare altre vite, si ferisce alla gamba, riportando ferite che lo costringeranno a stare a letto per oltre un mese.
Dopo la guarigione, Arthur comincia a trovare un po’ di felicità ed intraprende la strada del muratore, mettendo apposto i debiti creati nel tempo della sua inattività. La sfortuna rimane sempre in agguato, la piccola Lucy May viene investita e perde completamente la memoria, viene poi trovata da Frank Princeton e la porta nella sua casa. Lucy ai due coniugi Frank e alla moglie Sylvia, ricorda la loro bambina morta qualche anno prima, la donna inizia così a trattare Lucy in maniera affettuosa, chiamandola Emily e chiedendole di chiamarla mamma, mentre Frank, che non vede giusto il comportamento della moglie, continua le ricerche per trovare la famiglia della bambina. Piccolo, il dingo di Lucy, alla fine, grazie al suo superfiuto, trova la giovane padroncina, che nel rivederlo riacquista la memoria.
La famiglia Princeton, vuole molto bene a Lucy May, ed offre al padre della bambina un lavoro nella loro mega fattoria, lavoro che dopo vari tentennamenti, accetta di buon grado. Sylvia Princeton chiede ai genitori biologici di poter adottare Lucy, in cambio di un terreno. Arthur rifiuta l’offerta insieme al lavoro nella fattoria.
Da qui in poi la famiglia si sfalda, il padre inizia a bere, la sorella Clara si sposa e va a vivere altrove, il fratello Ben va via di casa, ma Lucy non demorde e con grande disperazione va dai Princeton chiedendogli di adottarla se in cambio donano al padre una appezzamento … Frank rifiuta l’offerta, ma colpito dal gesto di Lucy, venderà alla sua famiglia il terreno ad un prezzo basso e con agevolazioni, dando la possibilità alla famiglia Poople di vivere il sogno.
Un bel cartone, con una trama lunga e fitta, che ha regalato a tutti i ragazzini datati anni settanta ottanta, dei pomeriggi all’insegna di buoni insegnamenti, situazioni buffe e conoscenza storica di quel periodo.
Lo consiglio a tutti coloro che amano le storie complicate, ma con lieto fine, a chi non lo ha mai visto e a chi, come me è rimasto nel cuore, perché oltre ad essere un bel cartone, fa ricordare il periodo in cui, il pomeriggio si accendeva la te, si cambiava canale, e si vedeva Bim Bum Bam!