Claire ha la pelle molto chiara, ed è molto bella. Mi guarda con occhi interrogativi e con un’espressione che ha un che di rassegnato, e sembra provenire dalla pioggia leggera di questo pomeriggio. Il suono delle gocce che si abbattono sull’esterno smorza i nostri silenzi e me ne fa comprendere il valore.
Difficile capire da dove iniziare, forse dal fatto che fin da quando è nata è stata circondata dalla morte e dai morti. Un modo come un altro per iniziare, che forse ha avuto le sue conseguenze. “Dipendenza critica dalle condizioni iniziali”, la chiamano.
La sua fantastica autoironia mi spinge a sorridere, involontariamente, più e più volte, mentre mi racconta le sue disavventure. Sembra una vera e propria reduce dall’adolescenza, una veterana, più occupata a cercare di capire cosa l’ha colpita piuttosto che leccarsi le ferite.
Il suo malessere è esploso con la morte di suo padre Nathaniel, una persona straordinaria, a suo dire, di cui riconosce la maggior parte del valore adesso che non c’è più. Una persona distante da lei che ha saputo starle vicino senza starle vicino.
E’ stato forse lui, insieme alla madre Ruth, ad insegnarle quel modo poco funzionale di intessere le relazioni. Difficile davvero dire se si tratti di un modo giusto o sbagliato, non è sempre facile fare valutazioni di questo tipo.
Di sbagli ne sono stati fatti, certo, ma fanno banalmente parte di un percorso che ci collega alle fasi successive della nostra vita, e io cerco di dirle questo. Difficile convincere il mare calmo e vastissimo che ha Claire dentro con la banalità delle mie affermazioni.
Difficile riuscire a parlare con il suo tramonto interiore, che cerca di comunicare il suo vero stato in ogni momento, e che vi riesce solo nelle piccole esplosioni, nei brevi accessi di pianto che mi colpiscono come se fossero lame roventi, cosa che a fatica dissimulo.
La ricerca del sesso e dell’amore, della droga e dell’affetto di qualcuno si uniscono in un’unica strada per Claire, che è la ricerca di un’identità e un percorso veri, da seguire con sicurezza; finchè i genitori sono stati genitori, c’era la certezza,in ogni caso, di poter interrogare qualcuno per la ricerca dello scopo, ma adesso le luci in fondo al tunnel sembrano essere molte e di diveris colori, e questo a Claire istintivamente non piace.
Le sue relazioni sono una ricerca continua che si rivolge verso se stessa. Ha avuto difficoltà in alcuni momenti, a trovare delle persone che riuscissero ad aiutarla ad estrarre da dentro di sè la parte che lei considera migliore, che le piace di più, perchè la vede in armonia con il mondo.
Mi rendo conto che, pur no esprimendolo a parole, la famiglia ha per lei un valore e un significato assoluto, una concezione involontaria dalla quale, mi rendo conto, non si libererà facilmente, perchè ormai l’ha integrata nel suo sistema di valori.
E che diagnosi vuoi fare a una così? Claire sta bene, Claire è semplicemente Claire. La sua ricerca non terminerà, ed è proprio lei, per me, il simbolo di un sentimento di forte volontà di cambiamento che non dovrebbe mutare mai, rendendoci in grado di affrontare in modo critico e attivo difficoltà e improvvise svolte nella nostra vita.
Il rischio è sempre quello di soffrire, ma Claire sembra non averne paura, anzi: ha compreso che è l’equivalente del lavoro per i soldi. La sofferenza è la controparte necessaria alla felicità, che, le assicuro, nei suoi occhi non manca.
E quel turbinio si allontana dalla stanza sparendo, accompagnata da tutta la sua famiglia, nel vialetto di fronte allo studio, e io li guardo mentre si allontanano fino a che non riesco più a vederli.
Bellissima Claire. Uno dei miei personaggi preferiti in assoluto, come tutti i Fisher di Six Feet Under…
Grandissimo Alan Ball, ha creato una delle serie più belle di sempre, anche se necessariamente di nicchia…