Sono passate tre settimane dall’inizio di The Voice of Italy ed è già tempo di bilanci. Gli ascolti vanno benissimo, 14% nella seconda puntata, superando di gran lunga la media di rete. I quattro coach sono praticamente perfetti: rappresentano 4 generazioni diverse, 4 stili musicali diversi e 4 modi diversi di approcciarsi alla tv. Insieme rendono moltissimo e non si vedono litigate trash come in altri programmi. Insomma, una serie di punti di forza che hanno spinto altre conduttrici a cambiare in corsa il regolamento del loro talent. Ogni riferimento a Maria De Filippi è puramente voluto.
Tuttavia non mancano le note dolenti. Il programma dura effettivamente troppo (ieri sera è finito alle 23:57) e il tutto risulta un po’ troppo monotono e ripetitivo. Il meccanismo in fondo è sempre lo stesso: concorrente dietro le quinte, concorrente sul palco, giudizio e concorrente dopo l’esibizione con i parenti. Servirebbero dei cambi di ritmo o comunque qualcosa che sorprenda il telespettatore ad un certo punto della trasmissione. Però, nonostante la concorrenza spietata del giovedì sera, The Voice va bene. Decisamente bene.
La forza di The Voice va ricercata soprattutto nel format di base: un meccanismo originale e innovativo, che stupisce immediatamente per la sua diversità. Sicuramente in diversi giornali (cartacei, che sono più venduti e quindi più manipolati) avrete letto di estenuanti difese a favore della Regina della televisione, Maria De Filippi. Lei non copia, sta ad un livello superiore. Gli altri sono malpensanti. E’ facile comprare un paio di giornalisti, offrirgli un posto costante in tv, pagarli costantemente gli alberghi e ottenere così i favori della stampa. Ma non è questa l’informazione che vogliamo vedere.
Ok fingiamo per un attimo di vivere in un paese normale e torniamo a parlare di The Voice. L’ultima carta vincente è quella del talento: Noemi, Piero Pelù, Riccardo Cocciante e Raffaella Carrà sono effettivamente dei professionisti del mondo della musica. E giudicano gente altrettanto preparata e competente, non ragazzini portati in un programma solo per essere sfruttati a suon di trash e discussioni.
Ecco l’unica cosa che potrebbe essere copiata da The Voice senza suscitare polemiche: l’attenzione per il talento.