Papa Francesco sarebbe piaciuto a mia nonna. Questo post è dedicato a lei. Ecco perché parlerò di Beautiful.
C’è una sindrome da reality show in giro che colpisce anche gli insospettabili. Che ci si metta sul palco da soli, magari a colpi di status facebook o fotografie su istagram, o si resti tra il pubblico convinti di sapere tutto di una persona, guardandone il profilo virtuale, poco cambia. La sindrome da reality show riconduce tutto all’autoreferenzialità, al voyerismo puro, alla curiosità morbosa. Colpisce perfino lettori e scrittori. Io, per esempio, mi aspetto che qualcuno, prima o poi, mi faccia le condoglianze. Sapete com’è: a Neve, la mia protagonista, è morto il nonno da poco. E le ha perfino lasciato una piccola eredità. E forse qualcuno penserà addirittura che io sia ricca. Chissà.
Alla sindrome da reality show nessuno è immune, come dicevo. Per cui oggi qui scrivo di mia nonna Margherita, alla faccia di un libro tanto poco autobiografico.
A mia nonna piaceva Beautiful. Io non lo guardavo da anni, ma noi ne parlavamo spesso al telefono e ogni volta che andavo a trovarla. Mi capitava di rivelarle qualche anticipazione che leggevo sul giornale. E lei rideva o si scandalizzava, a seconda di cosa combinava Brooke ovviamente.
Mia nonna è morta quasi dieci anni fa. Io, sul web, avevo cominciato a navigare da poco e di certo non lo usavo per cercare le anticipazioni di Beautiful. Se fosse stata qui, oggi, ci scommetto, gliele avrei lette dal mio i-Phone solo per sentirla ancora ridere, con quella voce squillante, mentre mi preparava le patatine fritte.
Beautiful è come Sherazade. Una storia dopo l’altra, una linea potenzialmente infinita, un senso diffuso d’eternità. Il racconto che s’allunga senza fine, carico di valenze salvifiche. Relazioni passioni, intrighi come elastici in un intreccio impossibile da spezzare. Non ci sono problemi, tranne quelli sentimentali. L’amore è rappresentato come l’unico male dei nostri tempi, l’unico motivo per cui dannarsi. E Beautiful, sempre e oggi più che mai, diventa un nulla cosmico in cui riposare la mente o forse semplicemente un posto esotico in cui andare in vacanza, mezz’ora al giorno.
Se fosse stata qui, mia nonna prima o poi avrebbe visto morire Stephanie tra le braccia di Brooke e si sarebbe impressionata. Di certo avrebbe riso di Amber e Rick, ma criticato terribilmente Brooke per i consigli che dà a Hope.
Se fosse stata qui, avrebbe acceso la tv e, nonostante un’assenza di dieci anni, avrebbe ritrovato il filo del racconto dopo cinque minuti. Pure se Ridge, oggi, ha i capelli più bianchi di lei, quando se ne è andata via. Perché Beautiful resta la soap opera più amata dagli italiani, anche se nessuno lo dice. Molti, infatti, gli insospettabili anche tra i milioni di telespettatori che ogni giorno la seguono su canale 5. C’è persino qualche intellettuale con la tv accesa su canale 5 all’ora di pranzo. E alla sindrome da reality show, s’aggiunge la dipendenza da soap opera.
La televisione, piazza virtuale per eccellenza, resta ancora il luogo privilegiato per scambiarsi i virus. Non sarebbe quindi il caso di scrivere sull’etichetta: consumare con moderazione, nuoce gravemente alla salute (mentale)?
“The Big Bang TV” è la rubrica settimanale di Sara Lorenzini. Scrittrice, romana, classe 1981, ha pubblicato con Mondadori “Diario semiserio di una redattrice a progetto” (2010) e “45 mq la misura di un sogno” (2013).