Zelig Circus era stata annunciato come l’edizione del cambiamento, del ritorno al cabaret, dell’anno zero dopo il pesantissimo addio del capocomico storico, l’indimenticabile Claudio Bisio. Il problema è che da due-tre edizioni a questa parte lo show soffre tantissimo la presenza di comici convincenti.Dieci anni fa di questi tempi Zelig Circus riusciva a far tremare il Festival di Sanremo di Pippo Baudo, quando il programma registrava un risultato pari a 7 milioni di telespettatori. Era merito di una squadra di performer fortissima, da Sconsolata a Raul Cremona passando per i Pali e Dispari. Ebbene, a distanza di dieci anni il ritorno dei senatori si è rivelato l’anello debole di Zelig: Sconsolata ieri sera si è esibita in un monologo di una cupezza disarmante, Raul Cremona ha portato nuovamente in scena il mago russo Yuri Papacenko, ovvero Silvano, il Mago di Milano in salsa russa e offerto nello stereotipo dello slavo mafioso (tra l’altro pare che questo personaggio non sia propriamente originale) i Pali e Dispari non hanno fatto minimamente ridere.
Per non parlare dell’eccesso di volgarità, comune a quasi tutti i comici: non si tratta di fare i puritani, ma se sul palco sentono in massa la necessità di far riferimento costante all’apparato genitale di ambo i sessi, vuol dire che abbiamo un grave problema. Dai Beoni a Giovanni Vernia – buttati subito nella mischia – le battute falliche si sono sprecate. Il secondo può giustificarsi dietro la caricatura di Fabrizio Corona, ma non si può sempre vincere facile.
La puntata di ieri infine ha evidenziato un’altra pecca, finora imprevista: la scaletta. Un comico per famiglie come Giuseppe Giacobazzi è stato sorprendentemente relegato verso la fine, così come il simpatico maniaco interpretato solo in voce da Andrea Sambucco (che ieri si è anche palesato sul palco: ma le sorprese non andrebbero svelate alla fine?).
Naturalmente, non è tutto da buttare: Andrea Perroni si è guadagnato giustamente tutte le puntate grazie alle sue riuscite imitazioni dei cantanti – su Kekko dei Modà forse c’è da lavorare ulteriormente – mentre una graditissima sorpresa si è rivelata l’esordio di Fabio Di Dario, molto bravo nel sapersi relazionare così caldamente con il pubblico del tendone. Si confermano positivamente anche i Senso d’Oppio e il talento internazionale di Ennio Marchetto, il trasformista dal sapore queer. Francamente, un po’ poco.