Sommerso dagli impegni quotidiani, mi sfugge sempre questo particolare. Il livello di granularità con il quale spesso viviamo le nostre cose ci impedisce – e forse è un meccanismo legato all’adattamento – di cogliere il nostro essere una briciola che crea la storia.
E di storia si parla su Rai2 alle 23:45, in un dossier che ci incastra nella storia senza troppe foto d’epoca, senza pietà. Si parla di paternità. E pensare che pensavo che la storia fossero gli altri.
E invece anche questa è storia, storia di sempre, del passato, del presente e – sempre meno – del futuro. Sempre meno perchè ormai le figure genitoriali sono offuscate da un alone di incertezza, un pò per come la famiglia va strutturandosi in questi anni in modo più o meno naturale, un pò per il contributo della società che nel plasmare le persone e le cose la fa da padrone.
Non ci vogliono grandi rivelazioni per riflettere. Tutti abbiamo dei genitori, presenti o meno, tutti lo siamo in potenza. Non si scappa. Vista in questo modo, scegliere di fare il genitore è un “turning point” della storia personale, e va a incidere inesorabilmente sulla storia globale.
Il servizio si apre con alcune considerazioni sui cambiamenti relativi al concetto di nucleo familiare, che negli ultimi anni ha subito notevoli trasformazioni, facendoci pensare a La Cosa di John Carpenter.
Una carrellata di interviste flash ci dimostra subito quanto siamo nel torto: altro che mutamenti recenti. A giudicare dalle parole di giovani padri e non padri in interviste degli anni sessanta (una di quella che si vede è del sessantanove) la storia ha fatto il suo corso, ma le parti in gioco sono rimaste più o meno le stesse, e ogni cambiamento evidente avviene a partire da tacite modicazioni delle radici.
La parte iniziale della trasmissione ci fa quindi riflettere sul fatto che alla fin fine le cose sono cambiate nei ruoli, ma non nelle posizioni rispetto alla questione della famiglia.
C’è chi sostiene che la presenza di un nucleo a vegliare sull’educazione/crescita del figlio sia un qualcosa di imprescindibile, il vero motore di uno sviluppo sano.
C’è anche chi, in un’ottica vagamente e (involontariamente) comportamentistica sostiene tutto l’opposto, non conta l’istituzione ma basta la motivazione a fare le cose nel migliore dei modi.
Emergono aspetti più dettagliati, e la trattazione si rivolge in modo puntuale verso la figura del padre, il padre di ieri e il padre di oggi.
Adamo Dove Sei?, questo è l’esplicativo titolo del servizio. Il primo aspetto che emerge è il cambiamento, come abbiamo visto, dei ruoli. Il cambiamento non è casuale. Si ha un progressivo avvicinarsi dei due ruoli verso un punto centrale.
Le madri si emancipano, lavorano, sono più “madri” e meno “mamme”. I padri sono esperti di pannolini, frequentano i corsi pre-parto, intervengono nelle questioni relative al nascituro.
Numerosi sono gli esperti che si avvicendano nel commentare questi cambiamenti. Si passa dal “classico” psicologo, per passare la più spinto psicoanalista, per atterrare sulle parole dell’esperta di pubblicità.
Quest’ultima ci rammenta che perfino il modo di fare pubblicità è cambiato in funzione di questo notevole cambiamento di ruoli.
Dopo un pò mi cala la palpebra, il concetto fondamentale l’ho assimilato, voglio arrivare al dunque, e guardo mentre scorrono immagini si film in cui si vedono scene più o meno commoventi del rapporto tra padri e figli.
Poi mi risveglio, si passa alla parte più intressante: i padri affidatari.
O forse è il caso di dire i padri NON affidatari. Questa sezione mi interessa, ci sono aspetti della questione che assolutamente non conoscevo. Per molti padri divorziati è quasi impossibile vedere i propri figli.
Proprio così, anche solo vederli. Le testimonianze e le interviste contribuiscono a confermare l’esistenza di una situazione drammatica.
I padri si fanno forza a vicenda, si riuniscono in associazioni,protestano contro le madri che sottraggono loro i fligli. Ma è dura, anche se il padre tenace non desiste.
La trasmissione è divulgativa, a tratti molto interessante, soprattutto per quanto riguarda la parte successiva a quella introduttiva. Le interviste sono la bocca con cui il servzio ci racconta i fatti, senza troppe didascalie, e questo rende il tutto appetibile.
Come in altri casi, credo siano alcuni aspetti dell’argomento, quelli più delicati, a reggere la trasmissione e a sostenere l’attenzione di chi guarda. Uno smacco deli contenuti alla forma, una volta tanto.