Fratelli e Sorelle propone Storie di carcere con la regia di Barbara Cupisti in onda stasera e lunedì 4 giugno alle 23 su Raitre. Il documentario, in due parti di 50’ ciascuna, affronta il tema della vita nelle carceri italiane attraverso le voci dei protagonisti, siano essi detenuti o agenti della polizia o funzionari dell’amministrazione penitenziaria. La prima parte si concentra sulle criticità, sui problemi più macroscopici di carceri sovraffollate, in cui la mancanza di spazio genera tensioni e malesseri sia per i detenuti che per gli agenti, che con loro condividono buona parte della giornata o il problema dei tossicodipendenti, costretti a transitare per il carcere prima di essere ricoverati in una comunità che li curi.
Il problema delle carceri in Italia è stato definito dal Presidente della Repubblica “questione di prepotente urgenza civile e costituzionale” per la lentezza dei processi, infatti il 43% circa dei detenuti è in attesa di giudizio e di questi solo il 50% viene condannato; su circa 67.000 detenuti presenti la capienza regolamentare è di solo 47.000 circa, l’attuale organico di polizia penitenziaria è carente di circa 7.000 unità. Queste alcune delle cifre che quantificano l’emergenza carceri. Inoltre la forte percentuale della presenza di stranieri, di giovani e di tossicodipendenti è la cartina di tornasole dell’utilizzazione delle carceri come discarica del disagio sociale.
Enrico Sbriglia, direttore del carcere di Trieste, spiega come per dei reati “bagatellari”, il furto ripetuto di una cioccolata o di un pezzo di parmigiano, si possono sommare periodi di detenzione che costano allo stato cifre sproporzionate. Il carcere è rappresentato nell’immaginario collettivo come una fortezza invalicabile, con grandi mura di cinta, torri di avvistamento, enormi e pesanti cancelli, quasi non fossero passati circa duecento anni dalle memorie di Silvio Pellico dal suo Spielberg. Il programma e’ entrato nelle carceri di Torino, Milano, Padova, Trieste, Trento, Roma-Rebibbia, Napoli-Poggioreale, Secondigliano, Pozzuoli, e Terni per ascoltare le storie di tanti. Lo spirito di questo progetto è proprio quello di uscire dalla logica dei numeri per dare le dimensioni del problema e volgere l’attenzione alle intelligenze, alle capacità, all’umanità che nel carcere alberga. E nel dramma corale che vivono queste persone giganteggia la tragedia dei bambini al di sotto dei tre anni che vivono in carcere con le madri, reclusi innocenti su cui aleggia, allo scadere del terzo anno, il lutto insanabile della separazione.