“L’umano il cui nome sarà scritto su questo quaderno morirà”. E questa è solo la regola numero uno. Semplicemente eccezionale, un’idea geniale e un’implementazione di primo livello. E se tanto mi dà tanto, siamo solo all’inizio. Sto parlando di Death Note, il manga capolavoro scritto da Tsugumi Ohba e disegnato da Takeshi Obata.
Le premesse della storia sono essenziali, e tramite pochi geniali accorgimenti creano un veloce aumento della complessità, che intrappola il lettore col fiato sospeso fino alla conlusione. Un giovane ragazzo giapponese entra in possesso di un misterioso quaderno, appartenente a uno shinigami, un dio della morte.
Colui il cui nome viene scritto sul quaderno, come recita in modo lapidario la prima regola del Death Note, è destinato a morire. Così il protagonista, Light Yagami, studente modello e ragazzo prodigio, miglior studente de Giappone, inizia un’impresa di purificazione del mondo dal male.
Inizialmente scettico, dopo pochi giorni ha già compiuto una strage: le vittime muoiono di arresto cardiaco, e le autorità mostrano stupore e un comprensibile senso di smarrimento: perchè tutti i cattivi stanno morendo? Quando lo sterminio di detenuti e criminali diventa sistematico, la polizia corre ai ripari.
Nasce subito un mito: l’opera anonima di Light viene subito apprezzata dalla popolazione mondiale, stanca dei crimini che corrompono il mondo, intravedendo in Kira – questo è il nome che il pubblico dà al misterioso giustiziere – la soluzione per tutto.
Il giustiziere deve essere fermato, e l’unico in grado di fermarlo è il miglior detective del mondo, il misterioso e controverso L. L (pron. “Elle”) è un personaggio molto particolare. Metodico, intelligentissimo, sistematico nelle sue deduzioni, inizia un duello serratissimo con Kira.
Le personalità dei personaggi principali, unite alle regole del Death Note, sono polarizzate al punto giusto per creare una lotta senza quartiere, che si svolge a colpi di segreti, deduzioni, e nomi scritti con determinazione su un quaderno nero.
E’ proprio il caso di dirlo, la penna ferisce più della spada. Ed è la spada di Light, che nelle mani di un angelo sterminatore di primissima categoria, falcia vite come se fossero fili d’erba. Quello che stupisce di lui è la totale, indiscutibile sicurezza nella totale rettitudine della propria opera: Light è accusatore, giudice ed esecutore.
In realtà egli va oltre, non è un servitore della giustizia, ma un vero e proprio Dio della Morte. Diventa esso stesso uno shinigami, preso da una sorta di cieco delirio di onnipotenza, che lo porta a riconoscersi come il dio di un nuovo mondo senza crimini.
Ma non è così semplice, e toccare certi temi, con mano così decisa, può portare a notevoli squilibri. Gli espedienti narrativi sono a tratti geniali; colui che possiede un Death Note, per tutto il tempo che ne mantiene il possesso, viene accompagnato da uno shinigami in persona, visibile solo al momentaneo detentore del quaderno.
Inizia allora la convivenza di Light con Ryuk, dio della morte annoiato, iniziatore di tutta la vicenda: è infatti proprio lui a far cadere sulla terra il Death Note di cui entrerà in possesso Light stesso.
Dovete assolutamente conoscere L. L è un personaggio eccezionale, degnissimo avversario di Light, unica possibilità di fermare la furia di Kira. Disegnato e caratterizzato in modo eccezionale, appare sempre molto concentrato, fino a sembrare spesso completamente perso nei suoi stessi pensieri.
La sua mente sistematica ragiona in base agli eventi e produce statistiche, come un preciso strumento per l’analisi dei dati, ma il tiro è corretto dal suo intuito assolutamente fuori dal comune. La sua postura, sempre accucciata, il suo modo di agire calmo e riflessivo.
La lotta tra i due si svolge su un campo di battaglia caldo, una situazione critica da risolvere velocemente, mentre entrambi cercano di affermarsi sulla sconfitta dell’altro grazie alla superiorità delle proprie facoltà mentali.
Il successo del manga ha giustificato la creazione di una serie anime di 37 episodi e tre film live action, tutti da vedere, uno dopo l’altro.
La bellezza estetica e la profondità delle tematiche trattate, nonchè alcuni intricati spunti nell’intrigo investigativo legati alla complessità della situazione lo mettono al primo posto in assoluto.