“Assimilazione” un termine ricco di significati, uno in particolare ha attirato la nostra attenzione tratto dal Glossario dell’educazione interculturale di Aluisi Tosolini: “La logica dell’assimilazione nega le differenze considerandole un elemento negativo da neutralizzare, un dato a cui rinunciare pena il mancato inserimento nella società. Secondo il progetto assimilativo solo l’altro deve cambiare e lasciarsi assorbire nella cultura ospitante adattandosi ad essa”. Qualcosa del genere sta avvenendo in Rai alla luce delle recenti nomine per il Tg1, un termine “assimilazione” che fa perfettamente il paio con “lottizzazione”.
Da tempo immemore potremmo dire, ma molti lo ricordano bene, la Rai non è immune dalle logiche politiche che vedono i partiti dividersi le poltrone della tv di Stato in base alla valenza dettata dal verdetto delle urne, vezzo poco elegante divenuto di recente addirittura sfacciato.
Pensare che alla vigilia delle nomine, Giorgio Merlo, deputato di area Pd e vice presidente della commissione di vigilanza Rai aveva dichiarato:“Tutti sappiamo che la credibilità del servizio pubblico radiotelevisivo deriva anche dai criteri che accompagnano la nomina dei suoi dirigenti a cominciare dai direttori di reti e di testate giornalistiche. E il metodo della ‘condivisione’ da parte del Cda, come ci ricorda giustamente il presidente Garimberti, è indubbiamente un fatto positivo e da apprezzare”.
Peccato che la suddetta credibilità sia stata messa per buona parte in discussione dai fatti con nomi che sebbene già dati per scontati hanno lasciato perplessi i consiglieri dell’opposizione Nino Rizzo Nervo , Giorgio Van Straten e Rodolfo De Laurentiis, i quali hanno disertato il cda. Rizzo Nervo in particolare ha scritto al presidente Rai Paolo Garimberti informandolo che:“Le proposte in molti casi contraddicono platealmente le raccomandazioni da te espresse in materia di nomine che io condivido totalmente“.
Lo stesso Garimberti che di recente tradendo un certo malumore aveva affermato: “Non voterò più nomine che non siano ampiamente condivise”, astenendosi riguardo quelle decise per i direttori radio e gr, ha votato a favore dei vicedirettori del Tg1 e si è astenuto sui vice di Raiuno, eccezion fatta per Gianluigi Paragone, sul quale ha espresso voto negativo in quanto non rispondente al criterio del minor ricorso possibile a professionisti esterni all’ azienda, da lui anticipato.
A cosa servano poi ben 11 vicedirettori per un solo telegiornale, sia pure della portata del Tg1, è ancora tutto da stabilire, la logica delle spartizioni come risaputo non tollera sconti. La scorsa settimana il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi era stato chiaro, la Rai: “Non può attaccare il governo” e nonostante la replica piccata di Paolo Garimberti: “Le notizie non hanno colore nè odore e vanno date tutte, sempre, ma tenendole accuratamente separate dalle opinioni”, pare proprio che la Tv di Stato si stia sempre più assimilando a una medesima linea. Attendiamo ora il prossimo cda che sarà convocato a fine mese, o al più tardi agli inizi di settembre, per fare il punto su Tgr e Rai Italia. Tg3 e Raitre resteranno immobili fino al congresso Pd.