Il ministro delle Riforme Roberto Calderoli, a margine del Meeting di Rimini, è tornato a parlare del dialetto, argomento tanto caro al suo partito e già trattato dal suo collega Luca Zaia, e ha fatto pure di più, arrivando a equiparare l’italiano al romanesco (fonte Adnkronos):
Difendendo una lingua nazionale difendiamo in realtà un dialetto che è il romanesco della televisione. Ogni anno perdiamo circa 100 vocaboli, non lavati nell’Arno ma nel Tevere.
Premesso che i dialetti vanno tutelati perché sono un’importante legame con le nostre radici, il Ministro Calderoli si dimentica che l’italiano è una lingua che deriva dal fiorentino, che ha assorbito termini prelatini, latinismi, grecismi, ebraismi, arabismi, francesismi, germanismi, iberismi, anglismi e americanismi e con essi una corretta pronuncia.
A scuola si impara solo a scrivere in italiano, non a parlarlo, perché, a seconda delle regioni in cui si studia, gli scolari non vengono corretti sugli errori di fonetica e dizione. Ecco perché l’italiano che si sente in televisione sembra così strano: è una lingua il più possibile pulita da tutti i difetti di pronuncia (è una regola basilare per i doppiatori e non solo). L’italiano e il romanesco non coincidono a meno che la fiction in questione non abbia personaggi di forte caratterizzazione romanesca (vedi I Cesaroni) che parleranno dunque l’italiano, ma con una cadenza differente.