Ai più appare evidente come i vertici della Tv di Stato nella figura del direttore generale Mauro Masi si arravoglino (consentiteci il partenopeismo) lo stomaco per il successo di Raiperunanotte, conseguenza logica dell’interdizione dal pubblico servizio (quello della Rai appunto) dei talk show causa par condicio, meno clamoroso ma di eguale spessore risulta l’allarme lanciato qualche settimana fa da Paolo Garimberti che dava l’Azienda di cui è presidente sull’orlo del decesso per asfissia: “Ci sono tre lacci stretti al collo della tv pubblica che stanno per soffocarla: la mancanza di risorse certe, una natura giuridica che non le consente di stare sul mercato e una non risolta questione di governance.”
Singolare il destino della tv pubblica italiana che riflette specularmente, come è naturale in fin dei conti, la situazione socio politica del Paese che ne usufruisce, l’Italia dove ci si attarda nell’escogitare misure tampone a sfavore di una più severa politica di riforme, dove il denaro viene profuso ovvero sprecato nella distribuzione di prebende per puri scopi politici, dove il Parlamento risulta troppo spesso impegnato nella promulgazione di leggine favorevoli all’individuo piuttosto che alla massa. La Rai è sull’orlo del baratro, ma pochi sembrano accorgersene e i più da irresponsabili quali sono preferiscono distogliere lo sguardo dai conti dissestati, forse perché quel colore rosso così cangiante poco si addice alle loro credo politico.
Come di recente riportato dal quotidiano La Repubblica citando dati Nielsen, la Tv di Stato continua a bruciare risorse quantificate in 200 milioni di euro nel solo 2009. L’addio a Sky equivale a una perdita di altri 52 milioni, 7 milioni e 300 mila euro sono andati in fumo per la cancellazione dei talk show nelle ultime settimane, mentre le previsioni fino al 2012 sono tutt’altro che rosee, vista la necessità di investimenti per 300 milioni che al momento nessuno dalle parti di viale Mazzini ha idea di dove andare a raccimolare, meglio profondere tempo ed energie per cacciare chi le risorse riesce a procurarle (gli show di Michele Santoro e Giovanni Floris potranno risultare invisi alla maggioranza di Governo ma portano audience e quindi denaro).
Insospettisce un tale annichilimento dei vertici Rai di fronte alla concorrenza (Mediaset e Sky) che avanza in grande stile, ma se ci mettiamo che il capo del Governo è anche padrone della più importante struttura televisiva privata del Paese, allora certi atteggiamenti appaiono scontati e le crociate condotte per l’abolizione del canone frutto di una condotta ben ponderata. Qui si sta puntando all’indebolimento di un gigante dal passo sempre più incerto e destinato ad un’inevitabile declino: “La Rai e’ diventata una tv commerciale. Ha messo ‘in primis’ la formazione di divertire e poi dal formare. Non puo’ continuare così se vuole che gli italiani pagano il canone“. Parola di Silvio, leggete tra le righe e vedrete materializzarsi un biscione che azzanna il cavallo prossimo al rigor mortis.