La televisione statale secondo Luca Zaia. Il ministro delle politiche agricole, il leghista Luca Zaia, intervistato da Klaus Davi, parla di televisione e, dopo aver attaccato Raitre (“Un canale fortemente ideologizzato”, si dedica “Al dibattito autoreferenziale della sinistra”), propone alcuni cambiamenti per la tv di stato, a partire da Raitre che si dovrebbe regionalizzare introducendo il dialetto (non si potrebbe fare un canale totalmente dedicato ai dialetti sul digitale terrestre invece? N.D.R.).
Le idee proposte, che farebbero schizzare a livelli molto significativi gli ascolti (almeno secondo colui che le sostiene) sono: presentare un programma in dialetto, magari quelli dove si presenta la territorialità e i prodotti tipici, perché:”I piatti spiegati con l’idioma locale avrebbero altro gusto rispetto all’italianizzazione dei nomi di quei prodotti”; estendere la cultura dialettale anche ai programmi di prima serata; puntare sulle fiction in dialetto sottotitolate in italiano:“La fiction deve essere un canale anche attraverso il quale viene promossa la cultura regionale. Abbiamo la necessità di nobilitare tutte le lingue locali.”.
I no arrivano un po’ da ogni parte: Italo Bocchino, presidente vicario dei deputati PdL definisce la proposta di Zaia “Un’autentica fesseria, da classificare come una boutade estiva, senza alcuna possibilità di applicazione”; sempre del PdL Anna Maria Bernini dice:”La lega, di questi tempi si diletta a misurarsi con il paradosso estivo”; Giorgio Merlo del Pd:”La tv pubblica non è secessionista. Zaia confonde ferragosto con carnevale”; Francesco Storace:”Zaia farebbe bene a dare uno sguardo più attento a quello che succede nel suo dicastero”. Contrari anche gli attori tra cui Lando Buzzanca (“Sono sciocchezze inutili”) e Nancy Brilli (“E’ una provocazione che non so dove voglia portare”).
Il Zaia pensiero capitolo secondo. Perché ci sono così tanti giornalisti e presentatori romani? Ecco la spiegazione (fonte ApCom):
Quando noi eravamo impegnati a difendere gli interessi del mondo produttivo e lavorativo del Nord, questi facevano i concorsi alla Rai. Se la maggioranza dei telegiornalisti e dei presentatori sono romani non è certo colpa loro.
Il Zaia pensiero capitolo terzo. Secondo il ministro la Rai dovrebbe promuovere i valori della famiglia e non veicolare la cultura gay o le unioni gay:
La Rai non deve dare priorità al mondo omosessuale e alle sue istanze, bensì seguire le indicazioni del governo e promuovere la famiglia e i valori familiari attraverso i suoi programmi.
Replica Aurelio Mancuso presidente Arcigay:
Il ministro ignora che in Italia vivono e pagano il canone milioni di persone omosessuali. Praticamente è fermo all’età del latifondo.