Il direttore del TgLa7 Enrico Mentana, intervistato da Vanity Fair, oltre a ricordare i suoi successi con il telegiornale di La7, rivela di aver rifiutato la direzione del Tg1:
Me l’hanno offerto due volte, in passato, e ho rifiutato perché ci ho lavorato nove anni, so come funziona. In Rai tornerei solo se mi venisse garantita la libertà di non rispondere al telefono ai politici. Una cosa che non concederanno mai. Io sono l’unico direttore di Tg che non vota. La politica oggi è raccontata da piccoli fatti che non c’entrano con la passione. Per questo tante storie private, di sesso e tradimenti, prendono piede: un tempo non è che fossero più casti, ma avevano più argomenti. Oggi la politica è solo l’arte del prevalere.
Come direttore del Tg5 questi problemi Mentana non li ha avuti:
Nessuno mi ha mai detto che cosa dovevo o non dovevo fare. La mia libertà si cibava del successo. Magari la telefonata c’era: “Guarda che questa cosa dà fastidio”. Ma, se era una notizia, la davo lo stesso. Quando a Berlusconi ha fatto comodo avere un Tg che facesse più i suoi interessi politici mi ha sostituito.
A proposito di Berlusconi: il giornalista conferma di essere rimasto disoccupato a lungo a causa di un veto del presidente del consiglio:
La7, nella persona del numero uno di Telecom Franco Bernabè, mi aveva cercato pochi giorni dopo la rottura con Mediaset, nel febbraio 2009. La cosa fu bloccata Da chi detiene il potere. L’editore di La7 è Telecom, dentro ci sono Generali, Mediobanca e altri soci pesanti. Di certo la politica non ha caldeggiato la mia nomina: una persona che ha appena litigato con Mediaset non è consigliabile … La ritengo una blanda censura di mercato. Voleva evitare che si facesse un Tg di successo, che togliesse telespettatori e pubblicità, e dirmi: “Guarda che non è che fai quel che vuoi”. Farmela un po’ pagare, insomma. Ci sta.
Enrico Mentana nel 2009 fu vicino al Tg3, ma non se ne fece nulla:
Mi cercò l’allora direttore di Rai3 Paolo Ruffini. Per accettare gli posi due condizioni che sapevo impossibili: la mia nomina avrebbe dovuto essere votata all’unanimità del Cda Rai e ricevere il voto positivo e pieno dell’Assemblea dei Giornalisti. Che fossero impossibili era chiaro perché Rai3 è sempre stato l’unica rete sotto il controllo della sinistra e il Pd aveva già fatto il nome di Bianca Berlinguer.