Consentiteci un momento di nostalgia: il 3 ottobre 1976 nasce sul primo canale Rai, Domenica In, destinata a diventare la trasmissione fiume (6 ore) per antonomasia nel pomeriggio di un giorno di festa. Il successo è tale, grazie soprattutto alla conduzione dell’inarrivabile Corrado, da dar vita al fenomeno del domenicaininismo (termine coniato da Franca Valeri), per la capacità di mantenere il pubblico per un così lungo tempo davanti al teleschermo. Al giorno d’oggi la formula magica dell’intrattenimento sviluppata dalle prime edizioni della trasmissione Rai non è più applicabile, sono cambiati i tempi, il pubblico è cambiato mentre la creatività ha marcato visita.
Non prendeteci per tipi un po’ anziani e tracagnotti che vanno in giro a dire “ai miei tempi!”, di certo dati alla mano la gente si sta disaffezionando a certi salotti pomeridiani, dove lo scontro dialettico, se non addirittura l’esaltazione del nulla, fanno venir voglia di dileguarsi a vantaggio di altri lidi come sta chiaramente accadendo. Secondo uno studio del centro media OMD, da ottobre 2009 a fine febbraio 2010 i principali programmi di intrattenimento della domenica in onda sui canali in chiaro perdono rispetto al pari periodo dello scorso anno, circa il 7 per cento di share, a vantaggio del satellite e, in particolare, di Sky.
A risentirne, tra i format di intrattenimento domenicale, è soprattutto lo show di Simona Ventura Quelli che il calcio, che scende all’11 per cento di share (1.845.400 di audience media) mentre guadagna Massimo Giletti, con la sua Domenica in l’Arena su Raiuno e Barbara d’Urso, alla guida di Domenica 5, che rispettivamente totalizzano il 22,4 per cento di share (pari a 3.900.400 telespettatori) e il 17,45 per cento, per una audience di 2.844.500 persone.
Ecco che riemerge il ricordo del tempo che fu: se dovessimo confutare il contenitore simil sportivo di Raidue attuale con quello ideato all’epoca da Fabio Fazio e soci, sentiremmo, ne siamo certi, un groppo in gola e diffusi crampi allo stomaco. A oggi ci tocca sopportare le urla della Ventura (ma che si strilla vorremmo sapere) e le battutacce, condite dallo humour da bassifondi dei pur bravi comici, mentre l’ironia profusa nei collegamenti dai campi delle prime edizioni è divenuta lettera morta.
Si cambia canale andiamo sull’ammiraglia Mediaset, dove la solfa non cambia: Barbara D’Urso si esibisce in un vasto repertorio di espressioni facciali, in base alle circostanze, corredate dall’ostentazione del suo notevole decolleté (in tv le poppe tirano è risaputo, chiedere a tal Bonolis) mentre ci tocca sorbire l’ennesima recita piagnucolosa di Carmela del Gf a cui gli operai in cassa integrazione di Termini Imerese collegati in diretta col programma, avrebbero dovuto come minimo tirare uno sputacchio, sia pur virtuale. E che dire del primo canale Rai, dove Massimo Giletti assurge a paladino dei più deboli, mentre i suoi ospiti si scannano nel tentativo di difendere a ogni costo le proprie opinioni? Se questa è televisione fate voi, la domenica pomeriggio preferiamo una lunga passeggiata.