Si chiude questa sera, con l’ospitata del tenore Vittorio Grigolo, la quinta edizione di Prossima Fermata: la trasmissione di incontri e racconti della terza serata di La 7. Il programma è condotto da Federico Guiglia, giornalista italouruguaiano che, attraverso il suo approccio incisivo e garbato, riesce a offrire al telespettatore un ottimo ritratto dell’intervistato di turno. L’abbiamo intervistato.
Si chiude questa sera la quinta edizione di Prossima Fermata. Il bilancio è positivo?
Sono molto contento: è stata un’edizione molto ricca di ospiti. Quest’anno abbiamo avuto la novità della scenografia virtuale che ha contribuito alla qualità dell’esito generale. Per la prossima edizione questo utilizzo del virtuale insieme al reale sarà ancora più sviluppato. Nel complesso sono felice, per usare una parola semplice e chiara.
Come avviene la scelta degli ospiti?
Ho con me una piccola, ma motivatissima, redazione composta da 4 persone che lavorano a Prossima Fermata da due o tre stagioni e che quindi conosce perfettamente lo stile del programma. I criteri per la scelta degli ospiti sono semplici: voglio persone non di fama, ma di valore. Non che l’essere famosi preclude, ma ma l’importante è che gli ospiti abbiano delle storie interessanti da raccontare. Può capitare, poi, che la persona di valore coincida con la fama, come è successo con Giorgia. L’ospite da me si apre all’incontro/racconto: da ogni personaggio devo cercare di fargli dire tutto quello che può dire di interessante e di fare, allo stesso tempo, una sorta di ritratto. Il telespettatore, alla fine dei 18 minuti, deve aver scoperto qualcosa di nuovo di quel personaggio.
In 18 minuti è semplice intervistare una persona?
E’ il tempo giusto: l’intervista che ne esce non è mai un’intervista nè telegrafica nè troppo lunga. E’ il tempo giusto anche perché sono 18 minuti filati, interroti solo da un paio di contributi di un minuto ciascuno, che servono per cambiare “capitolo”.
C’è qualche ospite che avresti voluto intervistare, ma che non sei riuscito ad avere in trasmissione?
Tutte le persone che abbiamo cercato di avere, le abbiamo avute. Lo dico con grande modestia. Sono molto orgoglioso, perché sono riuscito a creare un programma che si è fatto una splendida nomea fra gli ambienti che mi interessano: quali la musica, la politica, la cultura. Questa sera chiuderemo con Vittorio Grigolo, considerato dagli esperti del settore il nuovo Pavarotti, che abita a Los Angeles. L’abbiamo inseguito per due edizioni e alla fine è venuto a trovarci, avendo avuto la fortuna di trovarlo in Italia in occasione delle feste natalizie. Quindi, alla fine, siamo riusciti ad avere tutti. E tutti hanno scelto di venire per la qualità del programma perché, dicono, è lo spazio giusto per fare una cosa non banale e interessante per il telespettatore.
In un programma come Prossima Fermata, sono più importanti le domande o le risposte?
Le buone domande portano sempre delle buone risposte. Se riesci a cogliere bene la persona che hai di fronte, a scavare nella sua personalità e a porre le domande in modo incisivo ed essenziale, ci saranno sempre delle buone risposte e riuscirai a tirare fuori dall’intervistato delle cose inedite che non aveva mai detto prima. E’ successo con Amedeo Minghi, il quale mi ha raccontato per la prima volta che, con Trottolino Amoroso, si era ispirato a Mozart. Quando l’interlocutore che hai davanti si accorge che ti sei preparato sul suo lavoro, su quello che fa e che c’è stata una grande cura nell’intervista, allora è più bendisposto a raccontare cose che prima non aveva mai raccontato. Ed è per questo che a tutte le domande che preparo dò una grande importanza.
L’ora della messa in onda la cambieresti?
L’ora della messa in onda è l’unica cosa che non dipende da me, ma dipende dalla rete. E’ una sfida bella e giusta se riesce ad essere il più continuativa possibile e in un orario il più fisso possibile. Poi, come diceva Borges, “la notte ci piace perché come il ricordo sopprime i particolari oziosi” e quindi aiuta a raccontare l’essenziale.
Quando tornerà Prossima Fermata?
Tornerà a Marzo, come ogni anno.
Da quando sei arrivato a La7, sono cambiate una quantità di cose. Come hai vissuto questi cambiamenti?
Molto bene. La 7 si sta confermando come una rete di novità e di libertà. Nei telespettatori c’è molta stima nei confronti di La 7. Ci sono tanti elementi che aiutano a rendere sempre più nuova e diversa la nostra rete dalle altre reti nazionali.
Va di moda dire che La 7 è l’unica televisione libera. Sei d’accordo?
Non entro nel merito. Nel mio piccolo le interviste le scelgo senza nessun problema, con massima libertà: c’è una libertà concreta e non retorica che è fondamentale nel nostro mestiere. Io sono cresciuto nella scuola di Indro Montanelli, avendo lavorato con lui 12 anni al Il Giornale, e lui spiegava sempre che non esisteva il giornalismo libero, ma il giornalista libero.
Oltre a Prossima Fermata ti piacerebbe cimentarti in un altro tipo di programma?
Io sono contentissimo di quello che sto facendo e sto già immaginando come continuare a farlo aggiungengo qualcosa di nuovo. In linea di massima il mio sogno professionale coincide con la mia biografia, visto che sono italo-uruguaiano, per cui ho una visione delle cose italiane e cerco di vederla proiettata nel mondo. Cerco, nel mio programma, di avere eccellenze italiane e stranieri che vivono in Italia e la amano. Mi piace questa universalità.
Prossima fermata ormai è un punto fermo. Peccato che non duri tutto l’anno e che sia trasmesso in orario scomodo. Certo per me che ho orari un po’ strani mi va benissimo.