Domani sera su Rai 4 alle 22.50 torna Sugo – Il sangue dei media. Noi abbiamo contattato Gregorio Paolini uno degli ideatori e autori del programma per parlare del magazine e del rapporto tra televisione e web. Ecco cosa ci ha raccontato.
Come è nato Sugo?
Dalla voglia di parlare al pubblico che guarda poco la tv e cerca il sugo su Youtube.
Come definiresti e descriveresti Sugo?
Sugo è un magazine ma ogni servizio è una storia, e l’inviato sta dentro una situazione, la vive direttamente. E gli argomenti sono quelli che interessano chi lo realizza.
Perché programmi come Sugo non vanno in onda sui canali in chiaro della Rai?
Spero che programmi come Sugo servano a far crescere quei nuovi gruppi creativi di cui le televisioni generaliste hanno bisogno. Una trasfusione di sangue fresco: registi, videomaker, autori, invitati, redattori, grafici che hanno i gusti e gli interessi di chi non guarda più la tv generalista ma potrebbero darle nuova linfa.
Quali sono le novità della seconda edizione?
Più amici che ci vengono a trovare nel nostro bagno “con vista sull’abisso”, uno sguardo anche sull’estero (abbiamo già girato in Cina, in Inghilterra e negli Stati Uniti). Con pochi soldi, naturalmente. ma con stile.
Quanto è importante il web per la televisione e la televisione per il web?
Sarà sempre più la tv ad aver bisogno del web, anzi, la tv di domani sarà il web.
E’ giusto che la televisione prenda i filmati da internet senza pagare i creatori dei video e poi contesti youtube per la presenza di puntate di programmi tv? Quale è la giusta via di mezzo?
La guerra contro Youtube mi ricorda la guerra degli inglesi contro i “coloni” americani. Poi si sa com’è finita. Il mercato di domani è il web, ed è un mercato che oggi vive di scambi in natura. Bisogna inventare nuovi “modelli di business”, come dicono quelli col gessato e il blackberry.
Quali sono i motivi che trasformano una persona che carica un video su web in un tormentone cliccatissimo?
Dev’essere semplice, diventente e inatteso.
Gregorio, tu sei un autore affermato che ha lanciato numerosi programmi: cosa significa sperimentare in Italia e cosa significa realmente sperimentare?
Sperimentare in Italia significa rinunciare a molte scorciatoie e anche alla macchina nuova ogni tre anni. Sperimentare significa non accontentarsi delle ricette. D’altronde non esiste un “Talismano della felicità” televisiva. I gusti cambiano e il menu della vecchia trattoria morirà con i suoi avventori.
Cosa ti piacerebbe proporre in futuro?
Fiction, fiction, fiction. A basso costo.