A La Repubblica, Serena Dandini confida di essere al settimo cielo per il debutto di The show must go off, il nuovo talk show de La7 che inizierà nel primo weekend dopo le festività natalizie:
Entusiasta. Non vedo l’ora. Lanceremo nuovi talenti, il segreto per non far invecchiare la tv. Ho trovato cose interessanti not ready for the prime time, come dice Letterman, ma abbiamo creato un laboratorio. La7 ha una factory.
La scelta del titolo non è affatto casuale:
È un omaggio ai Queen, un gioco di parole con la “la musica è finita”, ci piaceva. Noi lo chiamiamo “the show”. Andremo in onda il sabato e la domenica nel preserale e il sabato in prima serata: sarà un varietà vero, con le ballerine. Ci saranno Elio e le Storie Tese, Vergassola che non è il mio toy boy perché io sono anziana e lui è giovane, ma perché è piccolo. E poi Lillo e Greg, Diego Bianchi in arte Zoro. Verrà Neri Marcorè e aspetto Corrado Guzzanti.
Ci sarà sicuramente un divano su cui far accomodare le special guest della trasmissione:
I divani. Ne avremo più d’uno, lo studio è più grande. Il primo ospite sarà Andrea Camilleri, adorato. Facciamo il programma negli Studios di Roma, gli stessi di Parla con me, ho lo stesso camerino. Con Mentana, Lilli Gruber e Crozza ho la strana sensazione di essere più a casa adesso che in Rai. E poi c’è il direttore Paolo Ruffini.
La Dandini ribadisce la propria amarezza per il trattamento riservatole dai vertici Rai:
È stato doloroso, certo. Li ho dovuti stanare per fargli dire che non ci volevano. Mi ha fatto arrabbiare il modo in cui hanno trattato le persone che lavoravano con me, io posso prendermi un anno sabbatico, loro no. Dovevano sapere il loro destino. In molti verranno da noi tra il pubblico. La cosa triste è che in Rai governa la politica, bisogna trovare il modo di liberarla […]. A destra e a sinistra non capiscono niente di televisione. Non hanno capito che è un danno per il servizio pubblico perdere i gruppi creativi. La Rai è divorata dalla politica, non può continuare così, aspettando l’evento o la fiction. È avvilente dover rendere conto e non per il prodotto.
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