Augusto Minzolini non molla. L’ex direttorissimo del Tg1, rimosso dall’incarico dal Cda qualche giorno fa, punta sul fatto di essere entrato nella tv pubblica con una formula contrattuale da “redattore”, cosa che gli permetterebbe di non essere privato del suo super stipendio da 550 mila euro annui e di rimanere sulla poltrona di direttore del telegiornale. Così l’ex giornalista de La Stampa non intende accettare nemmeno il prestigioso ruolo di corrispondente da New York, ma ricorrerà contro la decisione della Rai.
Il caso si sviluppa intorno alla legge 97 del 2001, quella che i vertici di Viale Mazzini hanno utilizzato per allontanare Minzolini e trasferirlo a incarico equivalente. Secondo gli avvocati del giornalista, quella norma non sarebbe applicabile alla Rai SpA. Intervistato a La Zanzara, il giornalista ha spiegato la situazione tirando in ballo anche Michele Santoro:
Sono diventato un azzeccagarbugli, contro la mia natura. Mi hanno proposto di andare a New York, ma per ora non accetto nulla e vado avanti con il ricorso. Devi fare per forza così per difenderti, uso gli stessi metodi dell’azienda. Ora capisco Santoro con i suoi ricorsi e i tribunali. Ha fatto bene. Se me lo avessero chiesto se ne poteva anche parlare, ma hanno applicato per la prima volta una norma che è inapplicabile solo per farmi fuori. Allora mi incazzo e divento un azzeccagarbugli. Già sto pagando una pena perché sono stato rinviato a giudizio, come il 97 per cento delle persone che passano dal tribunale di Roma, ma sono stato costretto ad andare via. Per questo la butto su questo piano.
Infine Minzolini è tornato sulla vicenda della carta di credito aziendale:
Gli altri direttori prima di me non ce l’avevano, io l’ho chiesta come benefit compensativo perché ce l’avevo anche alla Stampa. Guadagnavo come direttore 540mila euro all’anno, non molto di più rispetto alla Stampa ma con maggiori responsabilità. Erano spese di rappresentanza.