Intervista alla regina della televisione italiana. Rita Dalla Chiesa esprime la sua amarezza per il ritrovamento, dopo trentuno anni, della borsa di pelle vuota appartenuta a suo padre Carlo Alberto Dalla Chiesa nei sotterranei del Palazzo di giustizia di Palermo. Il prefetto di Palermo fu assassinato dalla mafia il 3 settembre 1982 assieme alla moglie a colpi di Kalashnikov.
E nessuno l’ha avvertita. Questa è la cosa più assurda: di tutti, dopo 31 anni, nessuno si è degnato di chiamare la famiglia per il ritrovamento della borsa. Rita Dalla Chiesa lo ha letto tutto su repubblica il giorno dopo. E ritornando a quei giorni, i giorni subito dopo l’omicidio di Dalla Chiesa, la giornalista racconta:
ho iniziato a lavorare in televisione subito dopo la morte di mio padre, nell’83. Quel mondo mi ha fatto compagnia in tutti questi anni, in un momento in cui avevo bisogno di sentire il calore della gente intorno. Ora non ha più voglia di apparire in tv. Spesso torno a Palermo, che è la mia città preferita, e anche Mondello.
Sono passate due settimane dal ritrovamento della borsa di Carlo Alberto dalla Chiesa, dodici fogli che, oltre a contenere indizi sulla trattativa tra Stato e mafia, invitavano i magistrati ad investigare proprio sulla valigetta; quest’ultima è stata quindi rinvenuta dai magistrati scesi nel bunker del tribunale di Palermo, ma non contenente alcun documento.Rita Dalla Chiesa ha aggiunto:
Solo chi non conosceva mio padre potrebbe pensare che in 100 giorni lui facesso solo dei giri in città, separandosi dai suoi documenti che non lasciava mai incustoditi. Sicuramente stava seguendo qualche indagine, per conto proprio. La cartella è stata refertata, la sera del 3 Settembre, senza nessun accenno ai documenti che c’erano all’interno. Mi disiace che certa gente dice ancora con questa cartella di Dalla Chiesa. Si, ancora con questa cartella. E finchè non sapremo, romperemo le scatole. Le perosne per bene capiranno.