Che furboni, i nostri amici de L’Italia sul 2. Di fronte agli ascolti non proprio eccelsi dei primi tre giorni di programma (che oscillano tra il 6 e l’8 per cento), sfoderano una carta vincente (in chiave soft) nel vano tentativo di delimitare la sottile linea tra il diritto all’informazione e l’eccessiva morbosità sui fatti di cronaca nera che tanto appassionano milioni di italiani. Senza citare alcuna trasmissione concorrente (giusto per non farsi nuovi nemici), Milo Infante tenta di analizzare i motivi che spingono il pubblico a seguire, sempre più spesso, trasmissioni dedicate ai casi giudiziari.
Peccato che, fin dalle prime battute, il menù austero dell’Infante prodige si rivela un piatto piuttosto indigesto. Massimo Bernardini, anima di TvTalk, fa notare al giornalista che la scelta nal digerita (dettata dai vertici Rai) di abolire i temi legati alla nera a favore di tematiche familiari più o meno rassicuranti, si sia rilevata alquanto controproducente per l’Auditel. Il conduttore di Raitre rassicura tutti ritenendo che la tv di Stato non debba essere legata ai dati d’ascolto, ma piuttosto ai contenuti fruibili ai diversi pubblici. Per coprire l’imbarazzante (e scomoda) verità, Milo è costretto a correre ai ripari mandando la pubblicità per poi spostare l’attenzione su tutt’altro argomento una volta rientrati in studio. Geniale la trovata autorale di criticare i fedelissimi dell’assassino in prima visione (perno centrale di un intero blocco dell’ex Pomeriggio sul 2) senza sfociare nel dettaglio (visivo) più macabro. Che abbiano trovato la giusta strada per uscire dalla noia austera degli ultimi giorni (c’è sempre tempo per tornare indietro)?