Il senso della vita di Bonolis non entusiasma il pubblico televisivo italiano, raggiungendo anche nella sua quarta puntata solo 2.673.000 spettatori (12.87% di share). Il risultato fa emergere un leggerissimo aumento rispetto alle precedenti due puntate (i 3.700000 utenti della prima puntata sembrano ormai irraggiungibili), ma è pur sempre enormemente più basso di quello ottenuto da Raiuno.
Eppure la puntata tutta romana andata in onda ieri sera (ospiti Stefano D’Orazio, Daniele De Rossi, Enrico Brignano) appare essere stata la più riuscita, raggiungendo totalmente l’obiettivo che Bonolis insegue da fine marzo: divertire, far riflettere e commuovere attraverso, nel caso di ieri, l’amabile intervista all’ex batterista dei Pooh, l’interessante fotointervista al comico e le divertenti classifiche dei 5 buoni motivi di Luca Laurenti, sebbene quest’ultime siano giocate quasi completamente sulla facile e grossolana comicità a sfondo sessuale.
Il senso della vita nella quarta domenica di trasmissione ha puntato, a ragione, sull’intervista al calciatore Daniele De Rossi, definita “esclusiva”, essendo la prima rilasciata dal centrocampista della Roma dopo la vittoria del Mondiale di calcio 2006. Inoltre, le lacrime di commozione di Enrico Brignano e di Stefano D’Orazio, sebbene non abbiano risollevato gli ascolti, hanno ribadito la verità e l’onestà del programma.
Il programma, semplice nella struttura, ma dettagliato e puntuale nella scrittura è tutt’altro che esente da critiche; ad esempio, non aver pensato che il trasferimento dalla seconda alla prima serata comportasse la necessaria limatura di alcuni momenti. La decisione di non apportare modifiche nemmeno dopo i pessimi ascolti, da una parte appare essere immagine della presunzione di Bonolis (e dei suoi autori), dall’altra è il segno di quanto il popolare conduttore creda sinceramente, e – appunto – ostinatamente, nella sua creatura televisiva. Manca ancora, come ha notato sin da subito Aldo Grasso sul Corriere della Sera, il coraggio di trattare temi e ospiti d’elite e più complicati in prima serata (Erri De Luca o Matthew Fox, per fare due esempi, sono apparsi solo dopo un’ora e mezza di puntata). Scelta che sarebbe naturale se davvero il problema auditel non fosse contemplato da Bonolis, come lo stesso conduttore ha fatto intendere in svariate dichiarazioni. Ed ancora, Il senso della vita è un programma slegato, costituito da segmenti privi di continuità (lo stesso Bonolis l’ha definito in apertura di puntata un “open space televisivo senza trama“) e penalizzato dalla differita.
Bonolis assume il ruolo di ascoltatore in una televisione che – scusate la banalità – tende a non ascoltare, ma a sovrapporre e a accumulare voci indistinte e poco autorevoli. Bonolis, dal linguaggio forbito e dall’atteggiamento da pseudo-intellettuale, cade nel tranello grammaticale e pronuncia la frase “l’eco della stampa è stato fortissimo”, dimenticando di concordare sostantivo e aggettivo. Bonolis, però, resta il più bravo professionista della televisione generalista italiana: quando dichiara: “Se faccio Ciao Darwin è troppo facile, se faccio Peter Pan, manipolo i bambino, se faccio Il senso della vita sono un guru“, fotografa la realtà di una critica che agogna una televisione più ragionata e meno pletorica, ma dimentica di riconoscerla e di valorizzarne – pur tra le pecche inevitabili – i meriti.
E a chi propone il paragone con il programma Stasera che sera, chiuso per flop dopo la seconda puntata (che totalizzò meno del12% di share), è d’uopo obiettare che Il senso della vita è sì un flop, ma è un prodotto televisivo tanto godibile quanto criticabile. A differenza dell‘aberrante trasmissione condotta da Barbara D’Urso, totalmente incommentabile e impresentabile. Il senso della vita ha un senso. Stasera che Sera non ne ha mai avuto e forse non lo hai mai ricercato.
Se si vuole riportare la TV di qualità in prima serata sui canali di grande ascolto si deve per forsa passare da programmi con un ascolto inizialemnte basso. Po ipian piano aumenteranno, non subito ma negli anni.