Come avrete capito dal titolo, Critico Tv, complice il fine settimana festivo, questa volta più che lamentarsi di qualche magagna televisiva, lancia un grido accorato a favore di uno dei canali, tra i pochi degni di nota nell’uniforme panorama analogico italiano, del quale più di una volta proprio dalle pagine di questo sito abbiamo tessuto le lodi: La7.
Si cari amici, perché proprio a causa delle ultime vicende che hanno visto protagonisti, i vertici del famoso marchio, temiamo fortemente non tanto per il futuro del canale stesso, quanto per i contenuti, che nei prossimi mesi potrebbero venire stravolti in nome dei soliti, scontati, motivi di cassetta. Un timore neanche troppo velato, del quale si è fatto portavoce fra i tanti anche il famoso critico televisivo Aldo Grasso dalle pagine del Corriere Della Sera.
Cosa è successo a La7 vi chiederete? E’ presto detto: lo scorso autunno Antonio Campo Dall’Orto, in qualità di amministratore delegato di Telecom Italia Media, la società che di fatto controlla La7 e la consorella Mtv, assume la direzione di entrambi i canali (lo era già di Mtv), con il chiaro intento di risollevare le sorti proprio de La7 , la cui audience anemica in questi anni di gestione Telecom non è mai riuscita a superare la barriera del 3%.
Qualche giorno fa lo stesso Dall’Orto, persona che stimiamo per l’ottimo lavoro fin qui condotto nella gestione di Mtv, rassegna le dimissioni da La7, per motivi non proprio chiari ma che in molti sono pronti a definire come vere e proprie divergenze di vedute tra lo stesso manager e i nuovi capi Telecom Media nella figura del presidente Berardino Libonati e il vice Gianni Stella, non soddisfatti dell’ancora precaria situazione dei bilanci.
La7 nel 2007 ha fatturato 263,1 milioni (+26,8% sul 2006) con una perdita netta ridotta a 88,1 milioni (dai 101,1 del 2006). Conti in miglioramento ma non abbastanza, secondo i nuovi vertici, da potere giustificare l’attuale andamento, mentre si fanno sempre più insistenti le voci di un eventuale acquisto del canale da parte del Gruppo Editoriale De Agostini o della Rcs-Corriere Della Sera.
Che fine faranno programmi come Otto e mezzo di Giuliano Ferrara e Ritanna Armeni , L’infedele di Gad Lerner, le Invasioni barbariche di Daria Bignardi, Exit di Ilaria D’Amico, Crozza Italia con Maurizio Crozza, Markette di Piero Chiambretti e la lista sarebbe ancora lunga?
Possibile che in questo Paese non si riesca ad avere una tv di spessore senza dover inseguire ogni volta le solite, sbandierate esigenze di bilancio? Ci dovrebbe pensare la Rai, che di recente dopo la perdurante omologazione degli ultimi anni alle tv commerciali, sta cercando di riconquistare il ruolo di servizio pubblico, riuscendoci però solo in parte. Certo che se una realtà come La7 attuale, dovesse tramutarsi in ben altre forme di televisione di nostra conoscenza, sarebbe davvero un duro colpo per il gran numero di affezionati che il canale può vantare. Purtroppo la situazione parrebbe volgere al peggio, confermando l’attuale duopolio Rai-Mediaset sempre più somigliante a un monopolio.