Nel nuovo appuntamento con Riccardo Cresci, giornalista, volto giovane noto al pubblico di Sky Tg 24, si parla del minestrone di eventi che riempie la tv:
C’è un po’ la moda ultimamente di dover apparire a tutti costi. C’è sempre stata per carità, ma adesso sta diventando un tormentone sempre più grande ed evidente, un colossale carnevale che sta irrompendo ovunque. La tivù ne sta facendo le spese, ovvio, con la vita che entra all’interno di un sistema televisivo è stato più facile, ma quanto è giusto esasperare certe situazioni in video? Abbiamo imparato tutti a curiosare e a ficcanasare nell’orticello del vicino, ormai la privacy sta diventando questa sconosciuta e non solo per causa di intercettazioni video e telecamere, ma soprattutto per il desiderio di riuscire ad affermarci, soprattutto in televisione. L’apparire in un mezzo tv, fortifica, sembra quasi una proclamazione di sicurezza di fronte alla massa, costretta a casa a guardarti. Dall’inizio è stato così, da quando il video ha soppiantato la radio e ora ancora di più da quando internet e il web sta sostituendo la televisione. Già, perché ora tutti sono sul web e pur di far sentire la propria opinione si riuscirebbe a dire e fare proprio di tutto.
L’Europride 2011 è stato un esempio di come un messaggio potesse essere tanto amplificato da risultare in qualche momento un po’ troppo colorato e variegato, parole importanti, discorsi di tutto rispetto, ma il gran carnevale di Rio de Janeiro a volte tende a ritornare anche in Italia. La differenzazione, il diversificarsi, il dover essere per forza dissimili dalle altre tipologie di persone, in alcuni casi è natura, per altri moda, per altri ancora voglia di esibizionismo e divertimento.
Questi giorni abbiamo assistito alla presenza di tanti episodi televisivi che hanno catturato l’attenzione, dal Michele Santoro Show in cui ha sciorinato tutto il suo dispiacere per andare via da Raidue, un vero e proprio commiato per i suoi telespettatori, il mezzo pubblico anche questa volta è diventato sede di pensieri e commenti privati rivolti al pubblico a casa. Tutto sta divenendo mezzo di polemica, qualsiasi passo, qualsiasi occasione da parte dei differenti “rivoluzionanti”.
AnnoZero per la sua parte politica, l’Europride per i propri valori, alcuni telegiornali per la loro faziosità, almeno così in molti sostengono ed ora per incoronare la diversità di pensiero e d’azione, ecco che arrivano in prima serata anche i tamarri. Insomma, assistiamo giorno dopo giorno ad un grande minestrone di eventi, tutti incentrati sull’essere sulla cresta dell’onda cavalcando il più possibile la polemica, in poche parole, senza qualcosa di cui sparlare non si fa ascolto. Ecco che ritorna il tallone d’Achille molto italiano, un Paese che più di qualche volta si dimostra pettegolo e schivo, chiuso tra le sue mura a sparlare di ciò che vede, facendo buono e cattivo gioco al di fuori di casa o con gli amici.
La nostra televisione sta prendendo questa piega sempre di più e ce lo dimostrano gli ascolti record che molte delle trasmissioni più criticate riscuotono ormai da anni, dai reality skow, alle rubriche politiche agli eventi nazionali volti a far parlare di sé. I giovani di oggi e tutti coloro che avranno famiglia un domani, devono ascoltare ripetutamente un crogiuolo di informazioni a bombardamento che li spinge da un fatto all’altro, dove l’unico comun denominatore diventa l’apparenza, l’arroganza e la saccenteria. Un mix che piace tanto a chi la tivù vuole farla, ma che evidentemente apprezza anche chi guarda. Questa sera su Italia 1 andrà in onda Tamarreide, una docufiction sul mondo dei coatti, dei truzzi, dei tamarri, ovvero di quel mondo di persone che si definiscono tali o che vengono appellati in questo modo per moda o stile di vita. Il coatto fa divertire, a volte è il burlone del gruppo, si veste in forma appariscente, parla in maniera sboccata, è evidente agli occhi della collettività, insomma non passa inosservato. Tutto ciò che non passa dalla porta di servizio, viene digerito velocemente anche dalla nostra tivù, fagocita tutti questi personaggi per riuscire a catalizzare l’attenzione del più disattento. Quindi sì, sarà anche una docufiction questo esperimento, ma è evidentemente soprattutto un mezzo per far parlare e mettere in mezzo personaggi in cerca di gloria.
In questo modo sottolineiamo ancora una volta la diversità, mettiamo un accento su qualcosa che magari non esiste, andiamo a cercare delle particolarità nel baule della vita per aprirlo come il vaso di Pandora. Quanto è giusto evidenziare tutto questo egocentrismo? Perché non vivere la nostra vita per come siamo, senza per forza doverci giustificare? Perché il mettere in prima serata otto ragazzi da 19 ai 25 anni con determinati “stili coatti” ne prescinde una ghettizzazione ben strutturata. Anche se fossimo tutti “Pariolini” o “San Carlini”, i classici fighetti, la storia non cambierebbe mica, bisognerebbe iniziare a ragionare per il rispetto reciproco e basta, soprattutto nel mezzo televisivo. Sarebbe così facile condividere il pensiero altrui, ognuno continuerebbe a pensarla come vorrebbe, ma il continuare a mercificare determinate trasmissioni o il voler ripetutamente sostenere idee e pensieri palesemente contrari alla nostra realtà quotidiana, penso possa confondere ancora di più la fetta debole dei nostri palinsesti, ovvero i più piccoli.
Diventare grandi comporta inevitabilmente un doversi dividere in squadre e scegliere se schierarsi in differenti fazioni, ma il troppo chiasso mediatico non sempre aiuta a sbrigliare dei punti essenziali o quanto meno a poco serve se non iniziamo a cambiare il nostro ascolto verso il prossimo. Sembra quasi un messaggio da catechismo di terza elementare, ma lo traduco come tremendamente vero, il rispetto e l’osservanza non sono più di casa, neanche in tivù.
Cresci con Riccardo continua…