Giannuzzi tiene certamente conto della forte domanda di doppiaggio, che non può essere soddisfatta dalla solo CDC, ma le motivazioni non sono solo di ordine pratico e di mero calcolo imprenditoriale; la ODI, secondo i suoi intendimenti, deve ridare smalto al doppiaggio appesantito dalla presenza delle solite voci logorate dal tempo e appannato da un perfezionismo tecnico assurto a freddo mestiere.
I primi problemi che si trova ad affrontare sono prendere il mercato alla CDC facendo cambiare idea alle majors, quasi impossibile, e trovare voci. Per quest’ultimo, Giannuzzi ricorre alle voci di teatro ancora poco conosciute imponendo come principi fondamentali l’adesione perfetta fra voce e volte e l’alternanza dei doppiatori nel doppiare un attore.
Tra le due società nasce una concorrenza reale anche perché fondamentalmente gli ambiti in cui operano sono complementari. Le case di produzione, che tengono ad un eventuale positivo sodalizio tra il doppiato e il doppiatore, si servono della CDC, che non fa nulla per diversificare, mimetizzare e rinnovare le sue splendide voci dalla cui costante presenza trae la sua forza di mercato; quelle che non hanno, invece, una simile esigenza o addirittura temono la loro identificabilità si servono della ODI che, al contrario, cerca la non riconoscibilità delle sue.
Il 29 luglio del 1949, il nuovo governo italiano vara la legge n.448, detta “piccola”, che introduce la “tassa sul doppiaggio” sui film stranieri, allo scopo di creare un fondo per il finanziamento di quelli italiani e in seguito la grande legge o legge Andreotti che rilancia il cinema italiano.
Al contrario di quello che si può pensare la ODI e la CDC non risentono delle nuove norme, perché se scende di poco il numero di pellicole straniere da doppiare, salgono quelle italiane, anch’esse da doppiare.
Nel 1952 è doppiato Quo Vadis? E per la prima volta si chiamano attori di due organizzazioni differenti: la ODI e la ARS, che si è appena formata con la scissione della CDC.
La scissione avviene a causa del malumore che creano le regole interne imposte da Augusto Incrocci, non facili da accettare: nell’articolo 2 si stabilisce che si è ammessi nella cooperativa, dopo il parere favorevole del Consiglio di amministrazione e il pagamento della quota sociale di lire 250; nel terzo riferendosi all’articolo 9 dello Statuo, si ricorda che nessuno può prestare la propria opera in altre organizzazioni di doppiaggio se non espressamente autorizzato dai vertici del Consiglio e si conclude con la pesante minaccia di espulsione, il pagamento di una penalità e la ghettizzazione da parte degli altri doppiatori; nell’articolo 6 precisano alcune questioni di notevole rilevanza tra cui i minimi di paga che sono 4 (minimo A, 100 lire a turno; minimo B, 700 lire; minimo C, 500 lire, minimo D, 350 lire) e conseguentemente la creazione di categorie che distinguano i valori dei doppiatori; nel settimo articolo si definisce che la ricompensa per i film italiani sia il doppio; nel nono articolo si inserisce i direttori di doppiaggio nella categoria A e gli assistenti nella C; nell’undicesimo si indica come fondamentale la rotazione dei doppiatori.
Francesco Rosi (Regista)
Non me ne frega un cazzo se i miei film vanno alla Columbia University o in qualche cineclub, io voglio che siano doppiati e visti nei cinema normali.
Nella foto: Massimiliano Manfredi (www.alerossi.com)