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Sul Doppiaggio – 5 – Il doppiaggio degli attori italiani

Nel 1939 esce nelle sale un film dove gli attori che parlano con la voce di altri è in numero maggiore rispetto a quelli non doppiati. Si tratta de Il fornaretto di Venezia. La scelta delle voci inizia ad essere basata anche sulla pulizia della dizione da ogni forma di dialetto e cadenza. Per questo molti attori presteranno soltanto il loro volto al cinema.

Il fenomeno non è di alcun interesse per la stampa e le società di doppiaggio arrivano all’eccesso di far doppiare un attore ad un doppiatore che magari nello stesso film recita doppiato da qualcun altro, o caso più incredibile, un doppiatore presta la propria voce ad un attore solo in certe parti del film che per tutto il resto del tempo mantiene quella propria.

Alcuni esempi significativi possono essere Harlem del 1943, quando Luigi Pavese recita e impresta per qualche battuta la sua voce a Massimo Girotti, o Cuori in tormenta, dove Amilcare Pettinelli doppia Oreste Fares e viene doppiato da Augusto Marcacci.


Il doppiaggio interno comporta un’affinazione della tecnica per via delle difficoltà che si creano nel sincronismo dei movimenti delle labbra che non possono permettersi sfasature seppur minime.

Prima della seconda guerra mondiale il fenomeno dilaga e gli stessi doppiatori sono entusiasti di poter doppiare attori italiani famosi, non solo perché guadagnano il 50% in più, ma anche perché si sentono parte del successo del film.

La soddisfazione dura poco, poiché attraverso un tacito accordo, si stabilisce che il grande pubblico non debba sapere che gli attori italiani, magari dei miti, non recitano con la voce propria: l’illusione cinema deve rimanere tale fino alla fine e svelare che un attore parla con la voce di un altro non ha alcuna rilevanza. Non conviene nemmeno ai doppiatori rivelarlo perché perderebbero la possibilità di dare la voce ai miti del cinema nostrano, che si rifiuterebbero di farsi prestare la voce per paura di vedere la propria immagine appannata. Che nessuno sappia la verità fa davvero comodo a tutti.

Nel frattempo il governo fascista decide di finanziare i film italiani affinché si riducano le importazioni di film stranieri. Le leggi diventano sempre più proibizioniste a tal punto che gli che gli americani minacciano l’embargo delle loro opere dopo l’ennesimo decreto, monopolista, che dava allo stato il controllo delle pellicole straniere. Nel 1938 quello che era solo una minaccia si concretizza. Gli americani ritirano i loro film.

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Eleonora Di Fortunato (Scittrice – Dialoghista)

Se l’adattamento per il doppiaggio di un film in un’altra lingue è – come ritengo pacifico – un’operazione di traduzione, e – aggiungo – di traduzione molto specialistica, tutte le polemiche circa la sua legittimità cadono quando si assume come legittima la traduzione di qualsiasi opera d’arte che utilizzi la parola.

Nella foto: Luca Ward

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