L’adattamento avviene in fasi:
Fase preliminare: il dialoghista vede il film seguendo il dialogo o con l’aiuto del testo originale (se conosce la lingua) o del testo tradotto o semplicemente ascoltandolo.
Definizione dei personaggi: il dialoghista cerca di definire chi sono i personaggi e quale connotazione linguistica hanno, cercando id trovare una connotazione corrispondente in italiano. In questo caso si cercheranno termini adatti al personaggio. Nel caso che questi usino uno slang particolare, si cercherà di capire tramite il traduttore e i conoscenti del settore di cui lo slang fa parte, quale terminologia usare. L’unico aspetto non traducibile è il dialetto che non può essere tradotto con un dialetto italiano, siccome risulterebbe farsesco. Per supplire al problema si abbassa il lessico del personaggio, rendendolo più ignorante.
Riformulazione della sceneggiatura: il dialoghista, dopo essersi fatto un’idea generale, può passare ora a riscrivere le battute e in seguito a sincronizzarle con quelle originali immaginandosi la sonorità prodotta.
Riformulazione della sceneggiatura: il dialoghista, dopo essersi fatto un’idea generale, può passare ora a riscrivere le battute e in seguito a sincronizzarle con quelle originali immaginandosi la sonorità prodotta.
La difficoltà consiste nel far corrispondere sonorità della lingua italiana, che spesso non corrisponde a quelle straniere, ad un esempio tedesche o giapponesi, che hanno una velocità oppure una costruzione della frase differente, con quella originale.
Grazie ad un’intervista di Sylvie Depietri a G.Galassi si capisce come lavora un dialoghista:
… quando io mi trovo davanti alla battuta di un personaggio se conosco già tutto il film devo pormi due domande: che cosa vuol dire e come me lo vuole dire.
La domanda: “che cosa vuol dire” può avere più di una risposta, ovvero ci può essere un testo ed un sottotesto. Il “come lo vuole dire” è cercare di capire con quale musica me lo vuole dire, che strumenti suona, se questa melodia me la suona con un quartetto di jazzisti o se me la suona con un’orchestra, per usare una metafora musicale.
A questo punto devo fingermi sceneggiatore italiano di questo film, alle prese col problema di far dire determinate cose ad un dato personaggio in un dato modo. Quindi, se devo sacrificare qualcosa per ragioni di lunghezza, sacrifico tutto ciò che non mi porta a questi elementi che ho sintetizzato. Se, per esempio, sono in presenza della battuta “Fous-moi le camp”, mi chiedo: che cosa vuol dire?
Supponendo che sia uno che dice di togliersi di torno ad un altro perché vuole far vedere ad una terza persona di avere antipatia per quello, anche se in realtà non è vero, la risposta è duplice: una prima risposta, il testo, è “togliti dai piedi”; l’altra risposta, il sottotesto, è “fingiamo di odiarci perché c’è questo che ci sta guardando, in realtà non vorrei che ti levassi dai piedi”. Come glielo dice? Se dice “Fous-moi le camp” anziché dire “Va-t’en”, significa che vuole sottolineare un aspetto di ostilità, di volgarità.
Questi sono gli elementi con cui costruisco la battuta in italiano, tutto il resto è secondario. Però devo ottemperare a questi tre obiettivi: ho un testo “togliti” che è detto solo per ingannare un altro, un sottotesto “Guarda che è per finta” e un’intenzione ed un modo di dirlo che in questo caso è aggressivo-volgare. Riterrò soddisfacente la battuta italiana quando conterrà questi tre elementi.
Alla fine dell’adattamento viene stilato il copione. Il copione è composto oltre che dal testo adattato, anche da quattro indicazioni convenzionali: la barra (una pausa), la doppia barra (pausa più lunga), la tripla barra (cambio di situazione, un punto in cui si può interrompere) e poi in campo e fuori campo. Su questo foglio il doppiatore potrà apporci ogni tipo d’appunto che possa aiutarlo a migliorare l’interpretazione.
Continua…
Nella foto: Laura Boccanera