Dewey Cox da bambino, giocando con un machete, taglia a metà il fratello più dotato (come dice sempre il padre: è morto il figlio sbagliato), ma prima di morire gli promette di diventare famoso per entrambi.
Inizia così l’inseguimento della gloria da parte di Dewey: prima impara a suonare e cantare il blues, poi si esibisce in un locale dove viene notato da un manager rabbino e infine incide il tanto sognato disco, riuscendo a cantare anche con il mitico Elvis Prestley. Le sue canzoni sono così belle e intriganti, che vengono definite le canzoni del demonio: a causa dei suoi ritmi ipnotici, chiunque ascolti le sue canzoni viene preso dall’irrefrenabile voglia di ballare (creando coreografie erotiche), anche sua mamma, che a causa di un suo pezzo trasmesso alla radio si esibisce davanti a suo marito, in casa, e inciampandosi cade dalla finestra e muore.
La vita di Cox, è fatta soprattutto di donne (ad un certo punto diventa pure bigamo), figli (una marea di tutte le religioni e etnie) e droga (emblematica la scena del trip insieme ai Beatles, che lui da sballato vede in forma di cartoni animati).
Percorrendo tutte le tappe della vita di Dewey Cox, dagli esordi, al successo, dal declino (quando non riesce a creare qualcosa che gli piace sradica letteralmente i lavandini che si trova davanti), alla consacrazione (diventa prima personaggio televisivo, poi, grazie ad un rapper che lo cita, il pubblico scopre la sua musica e lo acclama per l’ultimo grande concerto), il film diretto da Jake Casdan è una brillante parodia delle biopic musicali (Ray e Walk the line).
La pellicola, sorretta egregiamente da un bravissimo John C. Reilly, capace di interpretare qualsiasi genere musicale non solo a livello canoro, ma anche con gli atteggiamenti della star, è veramente assurda:visioni di fantasmi che parlano a Dewey (l’esilerante spettro del fratello brutto e grassottello), droghe di tutti i tipi sconsigliate (ma in realtà totalmente consigliate) da Sam (Tim Meadows) al cantante, l’inesistente rapporto col padre (anche lui verso la fine avversario del figlio con il machete per vendicare la morte della moglie), il difficile rapporto con le donne (Darlene, timorata di Dio, ex corista in chiesa, viene sposata solo per poter far sesso con lei e successivamente rivalutata e amata), la presa in giro di canzoni e cantanti del passato.
Concludendo: Walk Hard – La storia di Dewey Cox, prodotta da Jude Apatow (Suxbad) è molto originale, coinvolgente al punto giusto (anche se a tratti è troppo ripetitiva e a volte un po’ noiosa), surreale e ben pensata (la regia non ha grandi meriti in questo caso). Se è vero che per buona parte dei più di novanta minuti di film non si ride a crepapelle (ma comunque il sorriso lo strappa più di una volta) è pure vero che, in tutta la sua durata, la pellicola lascia lo spettatore senza parole e costernato a causa di una serie infinita di prese in giro, che quasi ubriacano.
Consigliato a tutti coloro che vogliono gustarsi qualcosa fuori di testa.
Veramente brutto sto tipo…il film ancora non l’ho visto…sicuramente lo farò!