La zona è un quartiere benestante di una imprecisata città messicana. Al suo interno, i cittadini hanno tutti i confort e possono gestire la giustizia come gli pare e, per evitare possibili intrusi, utilizzano un servizio di fitta videosorveglianza, reticolati da caserma, guardiani propri e, se ancora non bastasse, mazzette alla polizia, affinché tenga alla larga i malviventi senza creare disturbo.
Capita, una sera, che una delle recinzioni della zona, divenga accessibile ai poveracci che stanno al di là del muro, pronti ad approfittarne per poter rubare tutto il possibile per poter campare più a lungo.
Due dei tre ragazzi, che violano la zona e che si sono intrufolati nell’appartamento di una ricca signora vengono ammazzati, mentre il terzo, Miguel (Alan Chávez), riesce a nascondersi, non sapendo che, pur di non perdere il proprio privilegio, gli abitanti del quartiere sono pronti a scendere nelle strade armati, per eliminare l’intruso e pulire i propri panni in casa loro.
La Zona, il film diretto da Rodigo Pià, presentato al Festival del Cinema di Venezia, è un drammatico, ad alta tensione, capace di far riflettere circa la nostra reale sicurezza d’oggi giorno, fatta di telecamere, che controllano, ma non rassicurano, nonché sulla povertà che ci circonda, sul valore reale di una vita umana e sulla paura che genera altra paura.
Il diverso, Miguel, in questo film è difeso solamente dal suo coetaneo Alejandro (Alan Chávez), un giovane privilegiato, che è l’unico a capire di non essere di fronte ad un gioco (cosa che i suoi compagni di scuola e amici, pensano realmente della caccia all’uomo), è l’unico a volerlo aiutare, superata l’iniziale diffidenza, è l’unico che vede il ragazzo povero per quello che è: un essere umano meno fortunato, pronto a rischiare la sua vita per riuscire a sopravvivere, ma incapace di uccidere una persona.
A livello stilistico, ho trovato molto azzeccata la scelta di utilizzare, nel montaggio, le riprese effettuate dalle videocamere di sorveglianza della zona, perché rendono maggiormente l’idea di come, seppur ricchi, gli abitanti non possano godersi tranquillamente il loro benessere. Affascinante, anche se un po’ stereotipato, il personaggio del commissario (Mario Zaragoza), unica persona di sani principi, pronto a combattere per la giustizia, costretto soltanto alla fine a piegarsi al potere economico dei ricchi, capaci di comprare tutto e tutti, tranne lui, ma incapaci di conquistarsi la tranquillità.
Troppi personaggi appena abbozzati e un susseguirsi ripetitivo di eventi, sono il mezzo con cui il regista sceglie di farci riflettere sulla situazione sociale. Non è importante definire i protagonisti del film, quanto il pensiero dei gruppi in gioco: quello dei ricchi, interessati solo a mantenere il proprio status e pronti e quindi ad agire sopra la legge; quello dei poveri che lavorano all’interno della zona, che vengono identificati come dei criminali, spettatori che non hanno diritto di esprimersi (significativa la scena in cui il padre di Alejandro chiede alla sua cameriera di restituire le chiavi); quella della popolazione al di fuori della zona, che non hanno alcun diritto (come la madre del povero Miguel).
Concludendo: La zona è un film forte, che tratta un argomento troppo ampio per risultare esaustivo. Alla pellicola, però, non manca nulla per emozionare, compreso un finale, che fa male al cuore, ma che non rovina il clima di denuncia.
Consigliato per sere in cui si ha voglia di discutere dopo aver visto un buon film.
Un bel film, pesante, ma interessante per essere messicano-spagnolo!