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Recensione: Il matrimonio è un affare di famiglia

Jean (Brenda Blethyn) è una cuoca, che come secondo lavoro si esibisce nei locali di serie B di Sidney come cabarettista, la principale attività che aveva prima di trasferirsi in Australia con John (Frankie J. Holden), un cantante country da una hit in tutta la vita, che le regala due bambini.
Al rimpianto di una carriera buttata alle ortiche per un uomo, poi diventato agente di sicurezza di un supermercato, si unisce la paura che i figli, Tim (traslocatore timidissimo interpretato da Khan Chittenden) e Mark (disabile dal cuore d’oro interpretato da Richard Wilson) cresciuti e desiderosi di libertà ed emancipazione, possano abbandonarla, lasciandola invecchiare da sola.
La paura di Jean diventa terribile realtà quando Tim si innamora di Jill (Emma Booth), una bella ragazza a cui ha eseguito un trasloco. Va in scena il più classico dei conflitti: da un lato l’apprensione e la possessività della madre, che non vuole staccarsi dal suo bambino, dall’altra l’amore della ragazza, che prova a prendersi l’uomo della sua vita.


Clubland, tradotto in maniera obbrobriosa in Il matrimonio è un affare di famiglia, è una commedia diretta da Cherie Nowlan, regista dal curriculum televisivo, che racconta la crisi adolescenziale (in questo caso arrivata a scoppio ritardato) fatto di desiderio sessuale e di sentimento e quello di mezza età, fatto di valutazioni riguardo la vita passata e le ansie per il futuro.
Il film non convince del tutto perché non regala niente di nuovo al cinema e non riesce mai a rapire totalmente l’attenzione dello spettatore: la storia è troppo lineare per lasciar spazio alla fantasia o ai colpi di scena, non ci sono molte battute brillanti (anche perché Jean è un’artista sul viale del tramonto) e il continuo controllo della madre ai danni del figlio, fatta di ripetute telefonate e discorsi da manipolatrice, alla lunga stancano.
La pecca reale del film, sempre molto fine e con il gusto retrò che non dispiace, credo sia da ricondurre alla pochezza della sceneggiatura, che, anche se esauriente, risulta abbastanza banale e priva di verve, impreziosita soltanto dalla bellissima prova recitativa di Brenda Blethyn (L’erba di Grace).
Concludendo: Il matrimonio è un affare di famiglia, che ha un titolo da film superficiale e stupido, è una pellicola interessante a cui sembra mancare, però, sempre qualcosa per poter essere valutato sopra la sufficienza. E’ quel qualcosa in più che trasforma un’idea buona in un bel film. In questo caso, a mancare, è proprio l’idea.
Consigliato a tutti coloro amanti degli anni settanta (nella colonna sonora canzoni come Piece of my heart, Move over), ai fan di Brenda Blethyn e a quelli che si accontentano di una commedia simile ad un fiore mai sbocciato.

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