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Recensione: E venne il giorno

A Central Park (New York), soffia il vento, mentre una donna si suicida inspiegabilmente. Poco distante, una buona parte del gruppo di operai che sta costruendo una casa si suicida. Pazzia pura: chi non si uccide rimane immobile aspettando il proprio turno.
E’ un attacco terroristico o una centrale nucleare che sta perdendo sostanze nocive? E l’aria o l’acqua ad essere contaminata? A Elliot Moore (Mark Wahlberg), sua moglie Alma (Zooey Deschanel), il suo amico e collega di scuola Julian (John Leguizamo) e la piccola Jess (Ashlyn Sanchez), non rimane che evacuare come consigliato dai telegiornali, sperando di riuscire a scappare alla carneficina.
Col tempo i protagonisti capiranno che il male misterioso, che porta al suicidio, arriva ovunque, perché è ovunque. Per alcuni di loro capirlo non basterà.


E venne il giorno, la nuova fatica di M. Night Shyamalan è un thriller drammatico di stampo ambientalista, che nella prima parte del film si gioca tutte le scene più cruenti (le morti, tutte spettacolari e imprevedibili, inquietanti per la freddezza con cui vengono eseguite) per cementare lo spettatore alla poltrona, e nella seconda parte trasmette un messaggio di speranza in mezzo all’inquietudine generale che governa il film.
Quella paura dell’altro che c’era nelle sue precedenti opere (i morti de Il sesto senso, gli alieni di Signs, il male in Unbreakable, la cività umana in The Village e il sovrannaturale in Lady in the water), si ripropone nella pellicola con le sembianze della natura, costretta a difendersi dall’uomo: nuovamente, dunque, la colpa è dell’attuale civiltà, priva di valori e di un proprio credo e nuovamente l’unica speranza è riposta nelle generazioni future, che se capaci di amare il prossimo e il mondo in cui vivono, possono rimediare ai continui errori dei loro padri.
A livello tecnico, Shyamalan è bravissimo a creare angoscia, non solo attraverso i già citati suicidi, ma anche usando bene la musica e miscelando i campi lunghi sulla natura incontaminata, apparentemente tranquilla, ai primi piani delle persone, che non sanno come comportarsi contro un nemico invisibile, ma lo è un po’ meno a mantenere alta la tensione, lasciando al finale aperto quell’inquietudine, che nella seconda parte del film lentamente svanisce, per lasciar spazio ad altre paure, come quella per il forestiero (con la splendida interpretazione da pazza schizzata fuori di testa di Betty Buckley nei panni della signora Jones o descritta alla perfezione dai due uomini barricati in casa).
Concludendo: un po’ Hitchcock, un po’ Kubrick, Shyamalan lascia il marchio d’autore anche in E venne il giorno, raccontando nuovamente il rapporto conflittuale dell’uomo (sempre più solo, alla perenne ricerca di un proprio credo) con la società che lo circonda, avara di valori (ognuno nel film pensa solo alla propria pelle, dagli automobilisti che non danno passaggi, agli abitanti che non danno ospitalità) e di sicurezze (manca in tutto il film l’intervento delle forze dell’ordine; non si trova una lettura corretta al problema).

7 commenti su “Recensione: E venne il giorno”

  1. Bello, un po’ deludente il finale anche per me. Però c’è una pecca interessante da notare, ovvero una nostra connazionale, la famigerata Fiat Punto che compare nelle varie pubblicità del film. Ciao a tutti, Luciano.

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  2. A me è piaciuto tutto, il senso di incompiutezza è legato secondo me alla volontà di creare tensione verso l’origine effettivamente sconosciuta del male, quello che non si controlla è ciò che ci spaventa più di ogni altra cosa!

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  3. Bella l’ idea di base e l’ atmosfera che si crea con la fuga di protagonisti, ma credo il regista si sta un po’ perdendo … andrebbe anche bene che non ci sia il solito finale a sorpresa tipico di Shymalan, ma un finale ci dovrebbe essere, non il “nulla” di questo film.
    E poi Shymalan ci aveva abituati a creare paura e tensione con quello che non si vede, con quello che rimane fuori dall’ inquadratura … qui gli unici sobbalzi si hanno con qualche scena splatter.

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