Le ragioni del successo di Se7en: capolavoro a quasi 30 anni dall’uscita

Sono trascorsi quasi trent’anni dall’uscita di Se7en e, ancora oggi, ci si chiede quali siano i reali punti di forza di una pellicola che ha fatto la differenza nella storia del cinema. A tal proposito, è opportuno concentrarsi sulle caratteristiche distintive del film, in modo da comprenderne alcuni aspetti anche oggi.

Se7en

Psicotivu – Kenshiro

Il signor Ken è un uomo piuttosto nerboruto dall’età indefinibilmente inferiore ai 40 anni, ed è lui a decidere i nostri silenzi. Entra a malapena nella mia poltrona dei pazienti, mi guarda pensando chi sa cosa, ed io cerco di non distrarmi troppo guardando il suo singolare abbigliamento.
Quello che porta in seduta è un marchingegno mentale che non è più in grado di piangere. Sentire quelle poche parole riferirsi a un aspetto che sembra così lontano dalla sua vita per un momento mi rende perplesso, e sempre più curioso.
Mentre parla non gesticola, muove a malapena la bocca. Ha una silhouette così statica che sembra quasi bidimensionale, un aspetto di chiusura, di “rannicchiamento psicologico” che ho già visto in molti pazienti.

Psicotivu – Leroy Jethro Gibbs

A volte penso che trovarsi di fronte un paziente con delle aspettative di entità variabile pone gli stessi dubbi di chi non sa se dire o no a un bambino che Babbo Natale non esiste.

La lunga, paradossale strada, che da una parte ci separa dallo stare bene, dall’altro ci separa dalla fine di tutti i giochi, è costellata di sensazione come questa, e attraversata di volta in volta da persone che di aspettative ne hanno poche, o nessuna.

E’ questo quello che penso mentre ascolto l’agente speciale Leroy Jethro Gibbs. Oggi sono di servizio per le forze armate, qualcosa di più marittimo, fortunatamente, dato che l’estate rende l’aria infernale.

Psicotivu – Bruce Banner/Hulk

Lo sguardo segnato di Bruce mi cade addosso come un macigno. Mentre si siede di fronte a me, ho una sensazione strana: sembra che la sua corporatura esile nasconda un misterioso peso, che è costretto a trascinarsi dietro senza la minima speranza di potersene liberare.

Il suo eloquio è fluente, e il suo argomentare trasmette una richiesta di aiuto, anche se ancora non riesco ad afferrarne la profondità e l’intimo significato. La lotta contro le cose che odiamo di noi stessi è sempre causa di sofferenza, non si raggiunge alcuna soluzione tagliando o ferendo una parte di noi che non ci piace.

La lotta titanica contro l’ambiguità e la doppiezza di molti degli aspetti della personalità disarma le persone già in preda del burrascoso mare dei conflitti, e peggiora, se possibile, situazioni di partenza già critiche.

Psicotivu – Claire Fisher

Claire ha la pelle molto chiara, ed è molto bella. Mi guarda con occhi interrogativi e con un’espressione che ha un che di rassegnato, e sembra provenire dalla pioggia leggera di questo pomeriggio. Il suono delle gocce che si abbattono sull’esterno smorza i nostri silenzi e me ne fa comprendere il valore.

Difficile capire da dove iniziare, forse dal fatto che fin da quando è nata è stata circondata dalla morte e dai morti. Un modo come un altro per iniziare, che forse ha avuto le sue conseguenze. “Dipendenza critica dalle condizioni iniziali”, la chiamano.

La sua fantastica autoironia mi spinge a sorridere, involontariamente, più e più volte, mentre mi racconta le sue disavventure. Sembra una vera e propria reduce dall’adolescenza, una veterana, più occupata a cercare di capire cosa l’ha colpita piuttosto che leccarsi le ferite.

Psicotivu – John Ryder

L’uomo che si trova davanti a me ha un’aria veramente inquietante. E’ venuto al posto di un altro paziente, dicendo che aveva preso accordi con questi per uno scambio. Una faccenda curiosa, non pensavo che i miei pazienti avessero contatti tra loro.

Deve essere colpa della saletta d’aspetto. Mi colpisce ancora di più sapere che John Ryder, seduto sulla poltrona davanti a me, trova divertente e paradossale trovarsi di fronte a uno psicologo. Dice che la cosa lo diverte.

Ha un’aria minacciosa, estremamente greve. Non so da dove possano venire fuori le mie sensazioni di diffidenza, probabilmente la stanchezza.

Psicotivu – Carrie Bradshaw

Si vede che Carrie Bradshaw vive nel baricentro della sua vita. Si tratta di un tipo di donna che non si incontra spesso, anche se ha l’aria di non rendersene molto conto, e di sentirsi abbastanza “nella media”.

Ha uno sguardo molto intelligente, attivo e propositivo. Mi studia come io cerco di studiare lei, ma con due armi in più: il fascino femminile e un’enorme esperienza in fatto di relazioni, quella che difficilmente si apprende all’università.

Vive in una realtà dinamica e velocissima, lontano dall’inerzia in cui vive la maggior parte di noi. Rappresenta l’emblema di una donna nuova, una donna in prima linea, e la prima cosa che mi colpisce di lei è la tendenza a non essere troppo conservativa, a “buttarsi” nel dialogo.

Psicotivu – Indiana Jones

Guardo con ammirazione il signor Jones Junior. Conosco le sue imprese, e chi non le conosce? Mi trovo davanti forse l’archeologo più famoso e in parte controverso del mondo. E’ stato coinvolto in imprese avventurose nei luoghi più disparati.

L’ho visto molte volte in foto, non l’avevo mai visto dal vivo, e adesso che lo guardo dritto in faccia mi rendo conto che è molto più carismatico di quanto immaginavo. Gli anni sembrano essere passati con gentilezza sui suoi occhi.

Ha lo sguardo luminoso. E’ venuto da me perché gli ultimi due anni sono stati duri, e voleva capire quanto. Il povero Henry Jones Senior infatti se n’è andato. Il rapporto con suo padre rappresenta una delle costanti della sua vita, accanto al cappello e alla frusta.

Psicotivu – Robert Neville

Robert Neville stenta a parlare. Sembra che il fardello che porta dentro di sè sia così grosso da non riuscire a uscire; sembra un topo che cerca di partorire un elefante. E pare che riesca a comunicare a sufficienza anche con il proprio silenzio.

E’ una persona forte, lo si vede dal corpo e dallo sguardo. Cerca di sorridere in certi momenti, ed io apprezzo il gesto. La forza di un uomo che deve combattere contro un mostro che ha decimato l’umanità.

Una lotta impossibile resa possible dalla tenacia, dal legame con un sogno lontano e perduto, ma che ha lasciato tracce indelebili, segni profondi dentro di lui.

Psicotivu – Anthony Edward “Tony” Stark

In perfetta forma, anche troppo. Quando gli chiedo della sua vita rimango a bocca a perta: Tony Stark si è laureato al MIT a 17 anni, è il socio di maggioranza di un’azienda gigantesca che si occupa di robotica, una delle più grandi del mondo.

Mi guarda attraverso un paio di occhiali firmatissimi, poi se li toglie con fare teatrale. Il suo sorriso ha un che di costruito. L’eloquio del suo stile è impressionistico e mi balza subito alla mente che Il Disturbo Istrionico di Personalità è caratterizzato da “un’emotività eccessiva e dalla continua ricerca di attenzione”.

Sembra la didascalia della sua stessa persona. Si alza di scatto in piedi, facendo scivolare la sedia all’indietro, e sembra che le parole che mi dice provengano da un copione provato più e più volte: non c’è che dire, un vero istrione.

Psicotivu – John Kramer

Il signor John Kramer sostiene di essere malato, molto malato. Non è la prima volta che mi capita di affrontare una seduta di sostegno con un paziente malato di cancro. Il suo male dal colon è arrivato fino al cervello: ci si chiede come faccia a stare in piedi.

Sostiene con una calma innaturale, con voce pacata e con occhi leggeri, di essere ormai giunto allo stadio terminale, di essere alla fine, e di avere molte cose chiare in testa.

Sta facendo tutto da solo, non è uno di quei le parole dei quali vanno estratte con la forza. E’ una persona gradevole ed educata. Mi dispiace sinceramente della sorte che gli è toccata. Mentre lo ascolto sento alcune cose che ho sentito da molte altre persone in difficoltà: la moglie se ‘è andata, così come se n’è andato il lavoro.

Psicotivù: Bender di Futurama

Mi guarda con occhi artificiali e dice di fare il “piegatore” di professione. O meglio, adesso si occupa di spedizioni, ma ha fatto il piegatore per molto tempo. Mentre mi fissa col suo sguardo bi-espressivo (occhi aperti/occhi chiusi) fuma il sigaro, e di quando in quando estrae un cocktail già pronto dal proprio corpo e lo trangugia in un attimo.

Il signor Bender potrebbe avere qualsiasi età. Sono ormai assuefatto al veder la soglia del mio studio varcata dai passi di personaggi inquietanti, quindi non mi stupisco minimamente nel vedere un tipo vestito da robot stile mago di Oz, che sostiene di avere bisogno di me.

Non so perché, ma il suo fare ricorda maggiormente uno che vuole entrare in affari con me, per poi scappare col malloppo. Presenta argomentazioni estremamente ciniche, ai limiti della cattiveria. Gli chiedo quale sia il suo problema, e quello mi guarda stranito.

Psicotivu – Gil Grissom

Il signor Gil Grissom mi fissa in silenzio. La rarefazione comunicativa tra noi in questo momento mi rimanda a sensazioni come la mancanza di aria. Avete presente di cosa parlo, quella specie di assordante silenzio che si crea nelle situazioni imbarazzanti.

Dimostra forse la mezza età, che viene però surclassata dallo sguardo vigile e calmo. Mi sembra di essere studiato. Dalla sua cartella è emersa la figura di un ottimo agente della scientifica, una persona votata al lavoro e a pochi, sani hobby. Mi chiedo dove porterà il nostro incontro.

Il momento delle domande arriva inevitabile, e nella difficoltà di trovare un incipit quanto meno non stupido mi ricordo improvvisamente dei motivi per cui gli psicologi vengono pagati. Per questo inizio in modo cauto. So che il signor Grissom è venuto per la consueta visita annuale, per la valutazione dello stato della sua salute mentale.

Psicotivu – John Locke

Mentre guardo incuriosito il mio paziente mi torna in mente la Sindrome di Stoccolma, condizione psicologica nella quale una persona sequestrata manifesta sentimenti positivi nei confronti del rapitore. Ha un viso interessante e uno sguardo riflessivo, sono troppo curioso di continuare ad ascoltare quello che ha da dirmi per chiedergli quanti anni ha.

Comunica in modo molto misterioso, a tratti misticheggiante. Vuole e allo stesso tempo non vuole raccontare quello che ha da raccontarmi. Mentre mi parla, vedo che parallelamente elabora, cerca di capire qualcosa, sfruttando il feedback delle sue stesse parole.

Cerca le risposte, e, stremato, si appella alla clemenza mia e di se stesso, quest’ultima rappresentata dalla memoria di fatti i cui contorni sfumati si perdono nel gesticolare del delirio. Far arrabbiare lui può essere difficile quanto far arrabbiare Gandhi.