Sul Doppiaggio – 10 – Dagli anni cinquanta agli anni sessanta

Un altro problema portato alla ribalda dalla televisione non è solo quello di rubare pubblico al cinema, ma anche di far assegnare ai propri doppiatori un volto, attraverso la loro attività televisiva. Si cerca dunque di dare agli attori/doppiatori, che ricoprono ruoli importanti in tv, ruoli di secondo piano.

Nel frattempo la CDC passa da quattro a cinque classi di doppiatori: alla A, alla B, alla C e alla D si aggiunge la categoria Extra, la più importante, questo per dare ai propri soci la possibilità di passare di categoria. La televisione, però, alletta i doppiatori, perché finalmente dà loro la possibilità di farsi conoscere dal grande pubblico o, nel caso di doppiatori/attori, di riacquistare la fama di un tempo. Alcuni di loro passano dal doppiaggio agli sceneggiati televisivi, altri diventano addirittura registi.

Sempre nel 1957 si fanno tesi i rapporti fra la ARS e la CID, perché entrambe le società ritengono non equamente diviso il lavoro tra gli attori delle due organizzazioni: la prima denuncia la seconda per aver usato attori da poco associati per alcuni film anziché privilegiare attori iscritti da anni. La CID, di contro, si giustifica dicendo che non è possibile andare contro la domanda di mercato e propone per questo motivo una fusione definitiva fra le due società. La fusioine viene rifiutata per due motivi: uno di gigantismo, poiché la società avrebbe avuto troppi iscritti, l’altro, che gli stessi doppiatori importanti non avrebbero trovato abbastanza spazio sul mercato. Nelle due società nascono movimenti secessionisti che portano, nel 1958, alla formazione della SAS (Società Attori Sincronizzatori).

Weekend al cinema: solo 4 titoli, ma 3 hanno candidature all’Oscar!

Questa settimana solo quattro nuovi titoli in arrivo nelle sale italiane, di cui tre drammatici e un romantico, ma, a parte Parlami d’amore (unico film italiano del quartetto, nonché primo film da regista per Silvio Muccino), tutti gli altri hanno qualche candidatura all’Oscar. Quello da non perdere dovrebbe essere Il Petroliere. Conosciamo nel dettaglio, uno ad uno i film proposti:

Parlami d’amore: Sasha è un tossicodipendente che vive sin da piccolo in una comunità. Quando finalmente può uscire e tornare alla vita normale, si innamora di Benedetta la figlia di uno dei benefattori del centro. Un giorno sua macchina si scontra contro quella di Nicole, una donna dal passato travagliato. In lei troverà un’amica, una confidente, una maestra che l’aiuterà a conquistare l’amore della sua vita. Scritto, diretto e interpretato da Silvio Muccino, finora solo attore (L’ultimo bacio, Che ne sarà di noi, Il mio miglior nemico, Manuale d’amore) il film mescola drammaticità a romanticismo. Il cast propone, oltre all’attore romano anche Carolina Crescentini (Notte prima degli esami – Oggi), Aitana Sánchez-Gigón (Io non ho paura). Il film è uscito già ieri, in concomitanza con la festa di San Valentino.

Away from her – Lontano da lei: una donna malata di Alzheimer deve dividersi dal marito per stabilirsi in una casa di cura. Col tempo perderà ogni ricordo del marito e si invaghirà di un altro paziente. Del cast fanno parte Julie Christie (Il dottor Zivago), candidata all’Oscar come migliore attrice protagonista, Gordon Pinsent (Il caso Thomas Crown, The Good Shepard), Michael Murphy (Salvador, Manhattan, I compari) e la già premio oscar Olympia Dukakis (Stregata dalla luna). La regia è affidata all’esordiente Sarah Polley, attrice di film come La mia vita senza di me e La vita segreta delle parole, ma candidata all’Oscar 2008 per la miglior sceneggiatura non originale.

Recensione: Scrivilo sui muri…pessimo tentativo di raccontare il mondo dei Writers

Scrivilo sui muri, un pessimo tentativo di raccontare il mondo dei writers, (che per chi non lo sapesse sono quei ragazzi che dipingono sui muri delle nostre città) è uscito in DVD.

Pierpaolo (Primo Reggiani) e Alex (Ludovico Fremont) sono amici inseparabili, nonché compagni della stessa crew i C.D.. Entrambi studenti universitari, nel tempo libero si divertono a dipingere i muri di Roma con i loro pezzi (murales) e le loro tag (firme), per sfogare la loro voglia di libertà e dare un segnale della loro esistenza al mondo. Lo stesso segnale lo vorrebbe dare Sole (Cristina Capotondi), una ragazza insoddisfatta della sua vita, pronta a suicidarsi per le troppe pressioni date dalla madre e per la monotonia della sua vita (amicizie noiose, ragazzo snob), che si ferma proprio quando vede Pierpaolo pronto a scrivere sui muri.

Nella Roma notturna, in mezzo alla popolazione della notte (la vigilanza notturna, i ragazzi di altre crew, le feste underground), il film affronta, abbozzando, il mondo dei writers, nascondendosi dietro la scontatissima storia d’amore fra Alex e Sole (di cui però è innamorato Pierpaolo).

Sul Doppiaggio – 9 – Nuove società e la nascita della TV

La politica di Augusto Incrocci si può riassumere in tre punti: il lavoro deve essere equamente distribuito per garantire ad ognuno il minimo necessario per condurre una vita dignitosa; deve avere un atteggiamento di apertura verso le legittime aspirazione dei doppiatori ad associare in modo stabile e duraturo la propria voce ad un divo; deve cercare di rendere più facile il passaggio ad una categoria superiore e permettere di entrare nell’olimpo dei direttori tenendo presente anche l’anzianità maturata oltre alle attitudini e le capacità personali.

La sua politica porta malcontento fra tutti i doppiatori: quelli famosi non vogliono lasciare il posto agli altri nel doppiare i divi di Hollywood e quelli meno famosi in questo modo non riescno a salire di categoria; gli anziani si vedono incalzare dai giovani, senza però riuscire ad accedere alla categoria e senza quindi riuscire a diventare direttori di doppiaggio, categoria quasi di casta.

Nel 1952 i doppiatori paventano le dimissioni in blocco per mandare un segnale forte a Giannuzzi, presidente ODI, e ai direttori di doppiaggio, i quali da diverso tempo non rispettano neppure le regole stabilite da loro stessi utilizzando ad esempio attori non soci.

Recensione: Asterix alle olimpiadi – Bello, ma poco Asterix tanta olimpiade

Le avventure di Asterix continuano sul grande schermo e trasferiscono lo scontro fra il popolo gallico e quello romano ad Olimpia in Grecia, dove hanno luogo le olimpiadi più divertenti della storia del cinema. Il film in questione è Asterix alle olimpiadi.
La storia: Alafolix (Stéphane Rousseau) si innamora della principessa greca Irina (Vanessa Hessler) e per battere il diretto concorrente Bruto (Benoit Poelvoorde) nella corsa alla mano della giovane ellenica, lancia la sfida a Roma: i Galli vinceranno le olimpiadi. Bruto, costretto ad accettare la sfida, fra un tentativo e l’altro di ammazzare papà Cesare (Alain Delon), colpevole a suo dire di tarpargli le ali, cerca in tutti i modi di vincere, alla faccia dello spirito olimpico, corrompendo i giudici, dopandosi e usando ogni trucco sleale, al contrario di Afolix, un bambacione innamorato, accompagnato in terra greca da Asterix (Clovis Cornillac), Obelix (Gérard Depardieu) e una cricca di galli.
Come si evince dalla trama, Asterix e Obelix non sono proprio in primo piano nel film, anche se ci mettono il loro zampino in tutte le situazioni più importanti, eppure il film è divertente e si respira il clima gallico dei fumetti originali di René Goscinny e del disegnatore Albert Uderzo.

Sul Doppiaggio – 8 – La prima regolamentazione

Giannuzzi tiene certamente conto della forte domanda di doppiaggio, che non può essere soddisfatta dalla solo CDC, ma le motivazioni non sono solo di ordine pratico e di mero calcolo imprenditoriale; la ODI, secondo i suoi intendimenti, deve ridare smalto al doppiaggio appesantito dalla presenza delle solite voci logorate dal tempo e appannato da un perfezionismo tecnico assurto a freddo mestiere.

I primi problemi che si trova ad affrontare sono prendere il mercato alla CDC facendo cambiare idea alle majors, quasi impossibile, e trovare voci. Per quest’ultimo, Giannuzzi ricorre alle voci di teatro ancora poco conosciute imponendo come principi fondamentali l’adesione perfetta fra voce e volte e l’alternanza dei doppiatori nel doppiare un attore.

Tra le due società nasce una concorrenza reale anche perché fondamentalmente gli ambiti in cui operano sono complementari. Le case di produzione, che tengono ad un eventuale positivo sodalizio tra il doppiato e il doppiatore, si servono della CDC, che non fa nulla per diversificare, mimetizzare e rinnovare le sue splendide voci dalla cui costante presenza trae la sua forza di mercato; quelle che non hanno, invece, una simile esigenza o addirittura temono la loro identificabilità si servono della ODI che, al contrario, cerca la non riconoscibilità delle sue.

Sul Doppiaggio – 7 – Il secondo dopoguerra

Una volta finita la guerra, finisce anche il periodo di monopolio con l’abolizione della legge nel 1945 e una nuova ventata di liberalizzazione spazza via l’aria appesantita delle tante imposizioni del regime.

Le Majors, che avevano accumulato un’ingente quantità di film, non aspettano altro che togliere l’embargo e ridistribuire i propri film. Questi film sbarcano in Italia insieme alle truppe alleate che la devono liberare. In Massa gli italiani si riversano nelle sale per ricucire uno strappo lungo anni con un cinema che un tempo distraeva.

Gli americani definiscono l’Italia un Paese che non ha bisogno di un cinema proprio e pensano bene di essere loro ad occupare questo campo: inondano il territorio di circa 500 pellicole di cui gran parte ancora con le didascalie, perché impossibilitati dal doppiarle. Gli Italiani disertano il cinema anche quando i film sono doppiati da voci che loro non riconoscono, quelle voci oriunde che erano le uniche che si potevano trovare in circolazione durante il tempo di guerra.

Sul Doppiaggio – 6 – Dall’embargo alla guerra

Con l’embargo, i doppiatori, che si sono già abituati alla comoda attività del doppiaggio, tremano all’idea di dover ricominciare la vita del girovago attore teatrale e rinunciare ad un guadagno sicuro e consistente.

Durante l’embargo, in soccorso delle poche società di doppiaggio operanti tutte a Roma, arrivano le pellicole di produzione italiana ugualmente da doppiare per la presenza sempre più consistente di attori stranieri, oltre agli italiani che si trovano in difficoltà nel momento di auto-doppiarsi o che sono impossibilitati per altri impegni a partecipare alla post-sincronizzazione.

Un altro aiuto arriva dalle piccole case di produzione italiane che, sempre rimaste in secondo piano rispetto a quelle americane, iniziano a produrre pià film e con i loro soldi allontanano lo spettro della disoccupazione. Dopo un breve periodo di incertezza, le case produttrici come la Columbia, la United Artists, la R.K.O. e la Universal decidono di non aderire più all’embargo concordato con la MGM, la Warner e la Paramount e riprendono ad inviare le loro opere.

Sul Doppiaggio – 5 – Il doppiaggio degli attori italiani

Nel 1939 esce nelle sale un film dove gli attori che parlano con la voce di altri è in numero maggiore rispetto a quelli non doppiati. Si tratta de Il fornaretto di Venezia. La scelta delle voci inizia ad essere basata anche sulla pulizia della dizione da ogni forma di dialetto e cadenza. Per questo molti attori presteranno soltanto il loro volto al cinema.

Il fenomeno non è di alcun interesse per la stampa e le società di doppiaggio arrivano all’eccesso di far doppiare un attore ad un doppiatore che magari nello stesso film recita doppiato da qualcun altro, o caso più incredibile, un doppiatore presta la propria voce ad un attore solo in certe parti del film che per tutto il resto del tempo mantiene quella propria.

Alcuni esempi significativi possono essere Harlem del 1943, quando Luigi Pavese recita e impresta per qualche battuta la sua voce a Massimo Girotti, o Cuori in tormenta, dove Amilcare Pettinelli doppia Oreste Fares e viene doppiato da Augusto Marcacci.

Sul Doppiaggio – 4 – Il periodo d’oro

Negli stabilimenti della Cines, nel 1932, si iniziano a doppiare una quantità impressionante di pellicole, anche di quelle un tempo insonorizzate. La forte domanda di doppiaggio comporta non solo l’interesse per il cinema di molti industriali, che lo vedono come un ottimo campo in cui investire, ma anche uno stimolo a migliorarsi qualitativamente per non perdere mercato.

Seguendo l’esempio della Cines sorgono, tra il 1932 e il 1933, diversi stabilimenti di post-sincronizzazione: l’ingegner Gentilini fonda la Fotovox e affida la direzione a Franco Schirato, che già aveva lavorato a Jointville al che decide di lasciare il teatro per dedicarsi unicamente al doppiaggio; Vince Sorelli apre la Itala Acustica; l’ingegner Persichetti fonda la Fono Roma.

E’ proprio quest’ultimo che si contraddistingue come vero e proprio impresario delle voci: crea un gruppo stabile di attori, pagandogli uno stipendio per la loro nuova professione di doppiatori. Il nuovo lavoro inizia ad attrarre gli attori perché dà la possibilità a questi di stabilirsi definitivamente in una città e di poter guadagnare anche 500 lire al mese. La Fox, la Warner e la Paramount a questo punto ritengono che sia più conveniente far doppiare i propri film alla Fono Roma piuttosto che creare un proprio stabilimento in Italia.

Recensione: 30 giorni di buio… 1 ora e 50 minuti di noia!

30 giorni di buio, ovvero una buona idea sprecata malamente.
In Alaska, per 30 giorni, la cittadina di Barrow (e credo non solo) si trova tra novembre e dicembre senza la luce del sole. La maggior parte degli abitanti emigra a sud per un mese, i rimanenti si godono la pace e la tranquillità di una città al buio standosene rinchiusi in casa per evitare di ammalarsi, causa violente nevicate.
Quest’anno gli abitanti di Barrow, tra cui lo sceriffo Eben Oleson (Josh Hartnett), la sua compagna nonché moglie Stella Oleson (Melissa George) e suo fratello Jake Oleson (Mark Randall), hanno visite: un gruppo di vampiri in doppiopetto (di cui uno la coppia sputata di Marylin Manson), con la faccia sporca di sangue (solo dal naso in giù) decide di depredare la città e fare una bella bevuta di sangue fresco (freddo, visto il clima).

Weekend al cinema: arrivano thriller e drammatici e Moretti attore

Nuovo Weekend nuovi film, 6 per l’esattezza (di cui 4 Europei e solo 2 made in U.S.A.), divisi equamente in genere thriller (2), drammatico (2), fantastico e commedia e che hanno fatto discutere e continueranno a farlo come Caos Calmo di Grimaldi con Nanni Moretti e La guerra di Charlie Wilsson. Vediamo nel dettaglio i nuovi titoli:

30 Giorni al buio: thriller/horror sui vampiri firmato David Slade (Hard Candy). Cosa c’è di meglio per un gruppo di vampiri che una città in Alaska che per 30 giorni all’anno vive senza luce del sole? Chiedetelo allo sceriffo di Barrow, interpretato da Josh Hartnett (40 Giorni e 40 Notti, Slevin, Sin City) o all’altra protagonista del film Melissa George (Mulholland Drive, Turistas). Film bello o deludente? Propendo per la seconda. Aspettate la recensione e saprete.

Asterix alle Olimpiadi: altro film sul Gallo più famoso al mondo, questa volta impegnato a vincere le Olimpiadi per far sposare uno dei suoi, Alofolix con l’amata Irina. Contro di loro gareggeranno, come sempre, i romani! Diretto da Frédéric Forestier (Il pacificatore) e Thomas Langmann, la pellicola ha numerose guest star come Zinedine Zidane, Michael Schumacher, Adriana Karembeu, Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu, Jean Todt, oltre ai protagonisti Clovis Cornillac e Gérard Depardieu.

Sul Doppiaggio – 3 – La svolta

La 20th Century Fox per evitare al pubblico questo disagio decide di tentare un’altra via, quella del doppiaggio: il sistema creato da poco, dal fisico austriaco Karol Jacob, permette consistenti risparmi di tempo e di denaro, una qualità superiore nel prodotto finito e una gran velocità d’esecuzione.

Il compito di dirigere il doppiaggio è affidato a Louis Loeffler, che dopo essersi sposato con una romana, conosce molto bene l’italiano ed è ben felice di guidare la sperimentazione di questo nuovo sistema. Nel frattempo la stessa Paramount inizia a pensare di utilizzare i suoi stabilimenti a Jointville per dare la possibilità agli attori europei di presentarsi in sala e doppiare il film nella propria lingua d’origine.

L’unica che continua insistentemente a sbagliare strada è la MGM, che dopo aver provato quella delle edizioni multiple, pensa di attirare pubblico facendo dire al divo di Hollywood di turno qualche battuta del film nella lingua del Paese in cui sarebbe stato esportato il prodotto. La cosa, però, risulta ridicola agli occhi della gente, sempre più abituata a sentire le voci dei loro miti doppiate, in un italiano corretto. Non è un caso se i doppiatori di Stanlio e Olio doppiarono i due attori con quella cadenza buffa, dopo averli sentiti recitare in Italiano.

Sul Doppiaggio – 2- La storia: dalla sonorizzazione alle versioni multiple

Nel 1926 la Warner Bros., che naviga in cattive acque e ha bisogno di trovare nuove soluzioni di mercato, decide di provare la carta dei musical, dotando di colonna il film Don Juan di Alan Crosland. Per riuscire nel suo intento usa il sistema Vitaphone che prevede un collegamento tra un fonografo e un proiettore. Il problema che ne consegue è che il sonoro non è sempre sincronizzato con le immagini, registrate mute in un altro momento, e poi la maggior parte delle volte si rischia la rottura della pellicola.

L’esperimento risulta molto valido, ma anche molto inaffidabile. La Warner migliora il suo sistema di incisione e nel 1927 fa il colpo grosso: il 6 ottobre esce il primo film con una sequenza in cui l’immagine è sincronizzata con una battuta “Wait a minute – you an’t heart nothin’ yet” (Aspettate un momento gente, non avete ancora sentito nulla!).

Chi la recita, Al Jolson, noto attore teatrale, diventa ancora più famoso, chi produce il film, la Warner, fa incassi da record, chi sente la battuta, il pubblico, tende a disertare le sale dove si proiettano film muti.