Domani alle 21.30 e lunedì alle 21.10, Raiuno per onorare il trentesimo anniversario della morte di Giovanni Battista Montini, gli rende omaggio con il film Paolo VI – Il Papa nella tempesta.
Il film, diretto da Fabrizio Costa, prodotto da Rai Fiction e Lux Vide (che hanno già proposto Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II), che ha ricevuto l’approvazione da Papa Benedetto XVI, racconta la storia del Papa innovatore (interpretato da Fabrizio Gifuni), che è salito al soglio pontificio nel 1963 e che ha traghettato la Chiesa nella modernità.
Nel cast, tra gli altri, figurano Mauro Marino (Don Pasquale Macchi), Antonio Catania (Padre Giulio), Mariano Rigillo (Cardinale Tisserant), Claudio Bottosso (Roberto Poloni), Fabrizio Bucci (Matteo Poloni), Luca Leonello (Don Leoni), Mariolina De Fano (Madre Teresa), Maciej Robakiewicz (Wojtyla) e Licia Maglietta (Maria Colpani).
Dicono gli autori (Francesco Arlanch, Maura Nuccetelli e Gianmario Pagano), riguardo a Papa Paolo VI:
Fu il primo Papa a viaggiare in aereo toccando tutti i continenti. Il primo Papa a tornare nella terra di Gesù. Il primo a riabbracciare il Patriarca ortodosso. Il primo Papa a parlare alle Nazioni Unite. Un uomo del dialogo e del confronto, uomo di fede e di libertà. Portò a complimento il Concilio voluto dal suo predecessore, offrì al mondo il messaggio della Populorum Progressio per richiamare gli uomini alla giustizia sociale in un mondo che stava cambiando per sempre. E a quegli stessi uomini disse una parola esigente sull’amore con l’enciclica Humanae Vitae. Uomo di amicizia e di pace, accettò il dolore dell’incomprensione per amore della Verità, ma volle anche rivolgersi alle Brigate Rosse, pur di salvare la vita di un uomo
Di seguito, vi proponiamo la trama dei due episodi (fonte Ufficio stampa Rai)
Prima Puntata
Si avvicina la Pasqua del 1978 e Paolo VI sta scrivendo una meditazione sulla Via Crucis, quando riceve la terribile notizia del rapimento di Aldo Moro, che per lui è sempre stato come un figlio. Il Papa cerca di fare tutto il possibile per salvare l’amico, ma i tempi sono strettissimi e su Moro pesa una condanna a morte.
Il dolore porta il Papa indietro negli anni, fino a quel 1924 in cui il rapimento dell’onorevole Matteotti fa capire al giovane Don Battista Montini e ai suoi studenti della Fuci che il fascismo sta rubando loro la libertà.
Subito dopo il padre di Don Battista, Giorgio Montini, lo persuade ad entrare come minutante in Segreteria di Stato Vaticano. Una volta al cospetto di Pio XI Montini comprende subito la difficoltà del suo apprendistato. Non potrebbe infatti sopportare lo scrupolo di aver collaborato al buon esito dei Patti Lateranensi con Mussolini, se non fosse per il sostegno di padre Giulio Bevilacqua, suo confessore ed amico da lungo tempo.
Il fascismo è in ascesa e Montini vede con i suoi occhi le aggressioni agli studenti della Fuci da parte degli squadristi, ma la protesta che scatena successivamente porta solo i suoi superiori a ordinargli di trascorrere qualche tempo a Brescia dalla famiglia.
Quando, dopo il breve soggiorno a Brescia, torna in Vaticano, il nuovo segretario di Stato Pacelli lo prende con sé e a Don Battista sembra possibile un nuovo inizio. Pur sotto la dittatura infatti i giovani cattolici riescono comunque a nutrire forti speranze per il futuro, e fra essi c’è proprio il giovane Aldo Moro.
Quando anni dopo Pacelli viene eletto Papa la commozione è grande, ma ad essa si aggiunge presto l’apprensione per la guerra imminente. Don Battista capisce presto che dare consigli al Papa, è molto diverso che essere Papa.
Il radiomessaggio di Pio XII per scongiurare la guerra, la sua visita a San Lorenzo dopo i bombardamenti e poi la folla di Roma che acclama al Pontefice che non è fuggito, sono per Montini esperienze indelebili.
Finita la guerra, si apre una nuova stagione per l’Italia e Don Battista è convinto che giovani cattolici come Roberto, uno dei ragazzi più affezionati, ed Aldo, guidati da De Gasperi, potrebbero contribuire al bene del Paese.
Anche Papa Pacelli infatti approva la nascita della Democrazia Cristiana, ma poi, nelle elezioni comunali del 1952, non concepisce che il partito rifiuti di allearsi con le forze di destra come auspicato in Vaticano.
Poco dopo quei fatti, Pio XII nomina Montini arcivescovo di Milano, ma il giorno del suo ingresso in una delle diocesi più popolose del mondo avviene sotto l’auspicio di una pioggia fitta e battente.
Montini da subito si accorge dei problemi delle parrocchie milanesi e vorrebbe lasciare il segno di una Chiesa che si apre ai bisogni dell’uomo per costruire una nuova civiltà dell’amore. Per questo non ha paura di mettere piede anche in una fabbrica di Sesto San Giovanni, che chiamano la Stalingrado d’Italia.
Nel 1958, muore Pio XII e lo Spirito Santo chiede al cardinale Roncalli di salire al soglio di Pietro. Giovanni XXIII dona a Montini la porpora cardinalizia, ma soprattutto fa al mondo il dono del Concilio: una nuova primavera per la Chiesa.
Quando iniziano i lavori Montini scende a Roma e vi partecipa attivamente, ma non può prevedere che il Signore possa chiedere a lui di portarli a termine. Giovanni XXIII infatti muore prima che il Concilio venga ultimato e Montini viene eletto Papa con il nome di Paolo VI.
Subito fa scalpore il suo primo gesto da pontefice: la decisione di mettere all’asta la tiara pontificia e di devolvere il ricavato ai poveri. Un gesto che il Papa fa con estrema naturalezza.
Paolo VI vorrebbe essere all’altezza della scelta profetica di Papa Giovanni e quindi portare a compimento il Concilio Vaticano II, pur nell’enorme difficoltà di conciliare istanze spesso molto distanti.
Il Papa riceve una lettera di Moro: Aldo fa appello al pontefice affinché vengano accolte le richieste dei Brigatisti. Grande è il dilemma morale di Paolo VI. Cosa fare? In un momento così drammatico il Papa ritorna con la mente al passato, alla sua amicizia con Moro e alla difficile decisione di tenere aperto il Concilio.
Il Concilio, infatti, rischiava di spaccarsi per le diverse posizioni al suo interno ma Paolo VI impugna la situazione invitando i padri conciliari ad una pausa di preghiera. Il papa da parte sua decide di recarsi a Gerusalemme, per ritornare alle origini del cristianesimo. È la prima volta che un Papa prende l’aereo!
Il viaggio in Terra Santa si rivela un successo, e al suo ritorno a Roma il Papa trova a accoglierlo una folla festante. Sarà il primo di numerosi viaggi, fra cui l’India di Madre Teresa, in cui Paolo VI toccherà con mano i problemi che affliggono i fedeli nelle diverse parti del mondo. I padri conciliari intanto hanno raggiunto degli accordi su diversi temi: la Chiesa comincia a mettersi al passo coi tempi.
Alcune questioni rimaste aperte tuttavia spingono Paolo VI a scrivere due encicliche, una sulla famiglia e l’altra sulla società.
Né la Populorum Progressio, né l’Humanae Vitae però vengono capite dall’opinione pubblica e da parte della stessa Chiesa. Intanto è scoppiata la guerra in Vietnam e imperversano le manifestazioni giovanili del ’68. Anche Matteo, il figlio di Roberto e Maria, prende parte agli scontri. Per Paolo VI è il momento più triste: il mondo sembra impazzito e il dialogo inutile.
In questo clima Paolo VI riceve la visita di Maria che gli chiede di incontrare il figlio. Matteo però viene arrestato e Roberto ottiene la sua scarcerazione, la distanza fra i due è incolmabile e il ragazzo se ne va di casa.
Il papa incontra Wojtyla, preoccupato perché in Polonia viene impedita la costruzione di nuove chiese. Wojtyla nonostante tutto si mostra ottimista nel continuare sulla strada del dialogo. Intanto Maria va in cerca di suo figlio, e lo esorta invano a incontrare il Papa. Don Macchi sottopone al Papa il lungo elenco di sacerdoti che chiedono la riduzione allo stato laicale: fra essi purtroppo c’è don Leone, con cui Paolo VI ha un colloquio molto doloroso. Subito dopo Matteo si reca dal Papa. Non è una richiesta d’aiuto ma un duro confronto, dal quale Paolo VI non si tira indietro. Ma il dialogo sembra fallire ancora. Paolo VI è amareggiato, mentre guarda in TV le immagini della strage di piazza Fontana a Milano, proprio davanti all’arcivescovado. Sembra che Dio stia in silenzio. Paolo VI si ritira in preghiera e sogna di essere sulla Via Dolorosa, sale quei vicoli come fece lo stesso Gesù e vede i volti di tutti coloro che sono stati per lui motivo di contraddizione ed arriva al Calvario dove vede risplendere le tre croci.
Risvegliatosi improvvisamente dal sogno, Paolo VI è rincuorato, ora ha capito la sua missione.
Ispirato da una lettera di Wojtyla, che annuncia finalmente la costruzione della Chiesa a Nova Huta, Paolo VI decide di scrivere una lettera alle Brigate Rosse. Il Papa ha scelto ancora una volta la strada del dialogo. A Matteo, intanto, viene proposto di effettuare un attentato armato contro una caserma dei carabinieri: è un punto di non ritorno che il giovane è pronto ad accettare. L’indomani viene trasmessa la lettera del Papa ai brigatisti, ma passano i giorni e l’appello sembra cadere nel vuoto.
Moro viene giustiziato e per Paolo VI è un colpo durissimo. Alla messa di suffragio, le parole del pontefice risuonano cariche di dolore. Qualche giorno dopo però Matteo torna inaspettatamente a far visita al Papa, il ragazzo confessa a Paolo VI che la sua lettera ai brigatisti gli ha salvato la vita. Gli occhi del Papa si velano di gioia e speranza.
Il Papa celebra insieme ai giovani il suo anniversario di sacerdozio. Nonostante le sue precarie condizioni di salute, si getta in mezzo a loro in un appassionato abbraccio facendosi avvolgere come il chicco di grano che solo morendo può germogliare di nuovo.