Tanti buoni propositi quelli espressi dal presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Sergio Zavoli in una recente intervista all’Ansa in cui ha dichiarato:“Un atto di indirizzo alla Rai su informazione e pluralismo è il primo impegno della Commissione Bicamerale”. Zavoli ha poi proseguito: “È una grande questione che investe la nostra democrazia e che esige un profondo aggiornamento normativo e regolamentare, insieme con la presa di coscienza di una nuova azienda cui spetta di rivitalizzare la sua funzione di servizio pubblico. In questo impegno, ha poi concluso, ci guida il convincimento che il servizio pubblico debba darsi criteri e norme ben definiti per corrispondere al dovere di rappresentare, con la completezza e la trasparenza dovute, tutte le opinioni chiamate in causa attraverso l’ineludibile garanzia del pluralismo. Ciò andrà realizzato con l’assoluta certezza dei principi cui saranno ispirati gli indirizzi, nella convenuta inderogabilità che alla loro osservanza siano consapevolmente dedicate le energie aziendali”.
Servizio pubblico, una definizione che alla Rai calza sempre più stretta, stritolata com’è dalle logiche commerciali e da una lottizzazione asfissiante che la allontanano, come spesso accade nei telegiornali ma non solo, dai più comuni canoni di imparzialità, quanto al pluralismo citato da Zavoli lascia un po’ il tempo che trova in quel di viale Mazzini. Diciamolo subito le cose per la Rai non sono andate affatto male nel 2010, dove si è confermata leader negli ascolti sia nel prime time con il 43,7% di share medio (+0,9% rispetto all’anno 2009), sia nell’’intera giornata con una media del 41,3% di share (+0,7% vs. 2009). Il vantaggio di Rai su Mediaset è salito a +6,2% nella fascia di prima serata e a +3,7% nell’intera giornata. L’offerta che grazie al digitale terrestre è passata da tre a quattordici canali è divenuta il “il più ricco bouquet di canali free europeo” come riferisce un recente comunicato aziendale.
Questo per quanto riguarda le note positive, dall’altro lato c’è la questione dei conti che non tornano. In atto un Piano Industriale che secondo gli obiettivi aziendali dovrebbe portare a un pareggio di bilancio entro il 2012. Lacrime e sangue come si suol dire che hanno determinato in primis a un adeguamento del canone televisivo in linea con l’inflazione programmata, da 109 euro a 110,5, ma che tra l’altro prevede tagli non indifferenti come le procedure di cessione a privati di rami d’azienda che coinvolgerebbero fra i tanti Raiway, la società che possiede le torri con cui si trasmette il segnale televisivo. La Rai la cederebbe per incassare 300 milioni e poi pagherebbe l’affitto delle torri. Morale della favola: lavoratori in cassa integrazione e licenziamenti per esubero di personale previsti in non meno di 1.200 unità.
Una politica di risparmio che fa acqua da tutte le parti se è vero come dichiarato dalla Corte dei Conti che il dg Mauro Masi, avrebbe procurato un danno che ammonta a circa 680mila euro, a causa degli esborsi ingiustificati attribuiti all’azienda in seguito alla conclusione del rapporto di lavoro della giornalista del Tg1 Angela Buttiglione e di Marcello Del Bosco, ex direttore di RadioRai. Tanti buoni propositi dicevamo in cima all’articolo, sarebbe ora che in Rai decidessero di darsi da fare.