Ottavo appuntamento di stagione con le riflessioni di Riccardo Cresci: il giornalista, volto giovane noto al pubblico di Sky Tg 24, quest’anno apre la settimana televisiva di Cinetivu. Oggi Riccardo ci parla di personaggi ad uso e consumo della tv.
Giri che ti rigiri, fai un salto di zapping con il telecomando, cambi canale, ed ecco qui, il caso umano è presto servito! Si, dai, ormai è come se fossimo ad un centro commerciale, perché dire supermercato, sarebbe troppo riduttivo. Un enorme deposito di casi umani è diventata la televisione Italiana: tutti vanno a bussare alla porta di ogni negozio presente nel regno della visibilità a tutti i costi. Paragonare un centro commerciale alla televisione non è poi così un grande azzardo, non ci si allontana mica tanto dalla realtà. Una catena di negozi di marche differenti sono come programmi televisivi, il pubblico che vaga porta a porta sono come clienti sempre più confusi, i proprietari di un esercizio commerciale, ora sono meno peggio dei padroni di casa di un salotto televisivo. In tivù ormai si vende il pesce, si centrifuga frutta, si vendono ortaggi, si macella la carne, si circuisce il cliente per non farlo andare più via, perché qualcosa si deve pur comprare. La crisi è crisi. Non si guarda in faccia nessuno. Così funziona nei programmi tv nostrani, dove ti affacci un attimo, ecco che spuntano come funghi disastrose storie di vita, ovviamente con risvolto tragico e strappalacrime. Quasi mai queste vicende hanno un roseo finale, potrebbe annoiare e non catturare al meglio l’attenzione del telespettatore più distratto mentre si accinge a prepararsi la cioccolata calda in cucina.
C’è di tutto, in ogni trasmissione possiamo trovare un melting pot, un crogiuolo di situazioni anche al limite dell’assurdo, ma che partorite dalle geniali menti degli autori riescono a fare breccia nei cuori dei più teneroni che guardano estasiati a casa sul divano. Largo spazio e via libera ad ex carcerati, mamme abbandonate in cinta, mogli cornificate e maltrattate, cocainomani, drogati, alcolisti, stupratori, disgraziati, poveri, disoccupati, malati, disperati, pentiti, aguzzini, truffatori, pazzi, analfabeti, egocentrici esibizionisti, la lista potrebbe durare una giornata, eppure i disperati casi umani si moltiplicano in tivù come criceti nella gabbia. Anzi, i criceti proliferano molto meno.
Accozzaglie di storie paradossali che ogni mattina, pomeriggio, sera o notte dobbiamo sorbirci per filo e per segno e guai a non partecipare con dovuta devozione ed ammirazione, potrebbero darci anche la colpa di essere un popolo insensibile e menefreghista. Quasi quasi come se la televisione volesse insidiare dentro al nostro cuoricino un invisibile senso di colpa, per dire, vedi come sono fortunato… Potrei esserci io al suo posto. Odio questo senso di colpa che ogni giorno siamo costretti a sorbirci come un semifreddo alla frutta, ogni momento della giornata dobbiamo riflettere su qualcosa e immedesimarci in disgrazie altrui sempre più ampie.
La speculazione sulle vicende personali in video è come un’indigestione di funghi velenosi pronti ad uccidere la prossima vittima e le vittime prescelte sono tutte coloro che scelgono di ascoltare un determinato programma televisivo, condito, infarcito e spremuto di soli casi umani. Caso umano non è solo l’unico termine per definire situazioni e momenti di vita al limite della sopportazione per un individuo terrestre, ci sono anche bailamme, caciara, bordello, casino, trambusto, eventualità, emergenza, imprevisto. Una questione insormontabile che in poche parole è un gran casotto. Quindi, come si fa a risolverla? Bene, si entra di diritto in Televisione! Yuppi! Tutti dentro a sbandierare problemi, faccende ed episodi che neanche Santa Maria Goretti avrebbe potuto mai tollerare. Non facciamolo però in altri luoghi più affini, magari comunità, centri di recupero, ospedali, case famiglia, chiamiamo tutti la tv. Meglio se in un salotto del sabato o domenica pomeriggio, poco importa se a fare da padrona di casa possa esserci Barbara D’Urso, Lorella Cuccarini o Paola Perego. L’importante è farsi vedere e solo molto dopo, successivamente, farsi sentire.
Sembra quasi che ad oltrepassare la soglia della tivù, ogni problema possa divenire meno pesante, più gestibile ed ogni colpa venire quasi assolta, come se si venisse chiamati ad inchinarsi di fronte ad una corte suprema e chiedere perdono. Chiedere scusa, piangere, dimenarsi davanti ad un nutrito pubblico serve solo per scrollarsi i rimorsi, le colpe, affibbiandole ad un povero mal capitato che ha deciso di vedere un programma in qualsiasi parte ed orario del giorno. Ripulirsi e disintossicarsi. Questo è il mandato di chi vuole andare in video a sputtanarsi per bene dei propri problemi, liberarsi dalle etichette e non avere più il peso sulla coscienza.
Fortunatamente non è sempre così, c’è anche chi sceglie di usare il mezzo televisivo per divulgare pensieri costruttivi e per non far incappare altri papabili e possibili personaggi, in situazioni al limite con la legalità o in errori gratuiti commessi solo per mancanza di fiducia o sicurezza. Facile mettersi su un piedistallo e sventagliare belle parole facendosi perdonare da milioni di telespettatori, guadagnandosi applausi e sorrisi di circostanza, difficile chiedersi scusa e assolvere se stessi, dimenticando il male auto inflittosi.
Mendicare in televisione o accedervi per fini o scopi personali non sempre può ripagare in termini di affetto o stima personale da parte di chi osserva, il giudizio altrui è sempre pronto per essere tirato in ballo alla prima trappola. Eppure ci vorrebbe solo il giusto dosaggio delle migliaia di “tragende” che si consumano ogni giorno tra i muri del centro commerciale più grande del mondo chiamato tv, ma per ora, ancora nessuno vuole tentare di osservare gli eventuali effetti collaterali contenuti nel foglietto illustrativo.
Cresci con Riccardo continua…