Prossimamente (probabilmente già nella primavera del 2011) su Raiuno verrà trasmessa Il commissario Nardone, la fiction drammatica in sei puntate da cento minuti l’una, dedicata al commissario più famoso a Milano negli anni cinquanta/sessanta, prodotta dalla De Angelis Group, diretta da Fabrizio Costa, con Sergio Assisi (Mario Nardone), Giorgia Surina (Eliana Nardone), Anna Safroncik (Flò), Stefano Dionisi (Sergio Suderghi), Ludovico Vitrano (Peppino Rizzo), Luigi Di Fiore (Corrado Murano), Francesco Zecca (Enrico Splitz), Franco Castellano (il questore Ossola), Gianpiero Judica (Checco Trapani), Manlio Dovì (Salvatore Cangemi), Giuseppe Soleri (Luigi Bosso), Sara D’Amario (Rina Fort) e Margot Sikabony (Linda).
Curiosità: le riprese si sono svolte a Belgrado; la fiction dovrebbe essere pronta a ottobre, nonostante la produzione abbia dovuto tardare a causa di un problema di salute occorso al regista.
Dopo il salto potete leggere la sinossi ufficiale e vedere la prima foto di Sergio Assisi nei panni di Mario Nardone.
In una Milano crepuscolare e nebbiosa, appena uscita segnata dalla seconda guerra mondiale ma gonfia di speranze, oltre al sogno trova terreno fertile una criminalità ormai lontana dalla realtà attuale, fatta insomma di banditi e ladri che hanno spesso una loro etica e un codice d’onore, nel quale è assolutamente condannato l’omicidio. Un nuovo commissario viene assegnato a Milano, quasi come un regolamento interno per aver fatto una soffiata su colleghi corrotti. È solo una delle difficoltà che Mario Nardone, napoletano DOC, deve affrontare a Milano. Una città che, comunque e nonostante tutto, Nardone ama senza darsene ragione e che farà luogo dove crescere i suoi amatissimi e trascuratissimi figli. Realmente esistito, Mario Nardone potrebbe davvero sembrare un personaggio uscito dalla penna di un Simenon mediterraneo. Ironico, disincantato, puntiglioso fino allo sfinimento ma dotato di una sua etica radicata e personalissima, di un’umanità profonda, innamorato della sua famiglia (che lo sopporta perché non lo vede quasi mai), della buona cucina, e pronto a tutto pur di non rinunciare a una battuta, è stato davvero una leggenda nella Milano degli anni ’50 e ’60, quella del boom economico e della costruzione quasi selvaggia.