Annozero, la trasmissione di Michele Santoro che in questi giorni è stata al centro di polemiche a causa della puntata sul terremoto in Abruzzo, non andrà più in onda a Settembre? Forse si, forse no.
Il Riformista sostiene che Michele Santoro vorrebbe rinunciare ad Annozero, per dedicarsi alla produzione di docufiction e guadagnare più soldi da esterno. La fonte della notizia sarebbe niente di meno Antonio Marano, che avrebbe detto (l’interessato ha già smentito):
Santoro avrebbe già deciso di non fare più Annozero. Il carattere di Santoro è un perfetto mix di egocentrismo, calcolo e risentimento. Lui sta alzando il tiro perché vuole trattare la sua uscita dalla Rai da una posizione di forza.
Dicevamo: Antonio Marano, a cui sono state attribuite queste voci, ha smentito le affermazioni scrivendo una lettera al direttore del quotidiano Andrea Polito:
E’ un’affermazione, peraltro destituita di ogni fondamento, che non ho mai rilasciato nè al giornalista che firma l’articolo, né ad altri. Infatti, le posso confermare che il nuovo Piano di Produzione di Raidue definito il 3 Aprile scorso prevede la messa in onda di 14 puntate del programma di Santoro, a partire dal prossimo 17 settembre. Il piano dovrà essere valutato dal Direttore Generale, che dovrà presentarlo al Consiglio d’Amministrazione per l’approvazione. Anche perché – come lei dovrebbe sapere – Michele Santoro è tornato a lavorare in Rai in base ad una sentenza del Tribunale del Lavoro di Roma del 26 gennaio 2005 – peraltro confermata recentemente in appello – che obbliga l’Azienda ad adibire il giornalista come realizzatore e conduttore di programmi televisivi di approfondimento.
Se a settembre Annozero non dovesse ricominciare sicuramente buona parte dei politici italiani non si dispererebbero, a differenza di Raidue, che senza la trasmissione di Santoro perderebbe il suo programma di punta (3-4 milioni di telespettatori a puntata, cifre che solitamente si sogna).
Mi domando: perché bisogna cancellare una trasmissione, a prescindere dalla possibile faziosità, se il pubblico ha a disposizione uno strumento molto democratico chiamato telecomando?