Il nostro secondo e ultimo appuntamento con la vita avventurosa di Giuseppe di Vittorio (Pierfrancesco Favino) di Pane e Libertà, inizia con un evento infausto: stremata dalla vita e dalla salute cagionevole, Carolina muore, abbandonando per sempre Peppino e i suoi figli.
La speranza adesso è rappresentata dalla Spagna, dato che tira di nuovo aria di guerra, per questo Peppino si separa nuovamente dai figli; la vittoria di Franco e il ricongiungimento conseguente con i figli viene coronato dall’incontro con Anita, una giovane conosciuta prima della guerra che conosce vita, morte e miracoli del nostro protagonista.
Il patto tra Germania e Russia risulta assolutamente incomprensiile a Peppino, solo Togliatti capisce che si tratta di un patto strategico, e allontana Giuseppe dal partito viste le sue posizioni estreme verso questo particolare evento.
A questo punto inzia un (altro) periodo difficile: Peppino è costretto a fuggire da Parigi, ma non riesce a portare con se Vindice, che si rifiuta di vederlo accanto a una donna diversa da sua madre; Peppino viene quindi portato dalle SS alla Santé, dove si ricongiunge al suo buon amico Bruno Buozzi (Francesco Salvi).
L’unione del lavoratori ritorna ad occupare lel loro menti; fortunatamente Baldina riesce a fuggire in America, Vindice invece entra nella resistenza francese, mentre la povera Anita viene rinchiusa dai Tedeschi in un campo di prigionia mentre cerca di raggiungere Peppino.
Fine del fascismo in Italia, ma i problemi sono ben lungi dal giungere a termine: la Germania invade il paese, anche se niente riesce a fermare i sogni dei nostri due sindacalisti, ai quali si aggiunge anche Achille Grandi, rappresentante dei lavoratori cattolici.
I tre riescono a concepire un sogno di un sindacato che unisca tutii i lavoratori senza alcun tipo di distinzione. Termina la guerra finalmente, ma Buozzi ne fa altresì le spese, dato che poco prima dell’arrivo degli alleati, stavolta gli Americani, viene catturato e ucciso.
In Italia il referendum dà il potere alla Repubblica, e Peppino, ormai una celebrità, viene eletto vicepresidente dell’Unione sindacale mondiale, ma in seguito all’attentato a Togliatti scoppiano disordini ovunque, disordini che culminano con l’abbandono, da parte della componente cattolica, del sindacato.
Colpo durissimo per Peppino, che nonostante tutto non cede. Il suo entusiasmo lo porta di nuovo a lavorare per l’unità, a lavorare strenuamente, a schierarsi a oltranza dalla parte dei lavoratori nel momento in cui scoppia in Ungheria la rivolta contro il regime sovietico, tanto che Togliatti lo rimprovera aspramente per prendere iniziative che dovrebbero essere esclusivo appannaggio del partito.
Le posizioni di Togliatti e di Peppino, ormai irrigidite, sono sempre più in contrasto. Alla fine Peppino abbandona un’esistenza di cui riconosce essere stato il protagonista assoluto, congedandosi con un solenne discorso che è un epitaffio più che adeguato per una vita tanto straordinaria.