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Psicotivu – Anthony Edward “Tony” Stark

In perfetta forma, anche troppo. Quando gli chiedo della sua vita rimango a bocca a perta: Tony Stark si è laureato al MIT a 17 anni, è il socio di maggioranza di un’azienda gigantesca che si occupa di robotica, una delle più grandi del mondo.

Mi guarda attraverso un paio di occhiali firmatissimi, poi se li toglie con fare teatrale. Il suo sorriso ha un che di costruito. L’eloquio del suo stile è impressionistico e mi balza subito alla mente che Il Disturbo Istrionico di Personalità è caratterizzato da “un’emotività eccessiva e dalla continua ricerca di attenzione”.

Sembra la didascalia della sua stessa persona. Si alza di scatto in piedi, facendo scivolare la sedia all’indietro, e sembra che le parole che mi dice provengano da un copione provato più e più volte: non c’è che dire, un vero istrione.


Si comporta come se al mio posto ci fosse una platea. Nonostante questo, o forse proprio per questo, non riesce a starmi antipatico, è una persona che ha una straordinaria capacità comunicativa.

La sicurezza del suo argomentare riesce solo a comunicarmi la certezza di stare nascondendo qualcosa. Mentre parla in modo veloce e concitato sembra cercare un modo per dirmi quello che vuole dirmi, nel tentativo di liberarsi di un peso.

Mi sto trovando di fronte a una persona in forte stato di attivazione, tutta riversa nell’ostentazione di qualcosa in cui non sembra credere nemmeno lui. Lo sdoppiamento interno che sto ipotizzando non conduce il mio ragionamento necessariamente alla doppia personalità.

Il mio paziente sembra infatti dotato di un notevole autocontrollo, che lo spinge ad arginare la voglia e il bisogno di parlare, dosando in modo ragionato le affermazioni che fa.

Poi arrivano agostinianamente le confessioni. Anche se non è tutto, lo sento bene, sento che qualcosa a cui lui stesso ha accennato mi è sfuggita, e continua a sfuggirmi; una sorta di particolare. Non è quello che sembra. Quante volte l’ho detta e letta questa frase.

Parla di responsabilità, parla di momenti in cui deve sorreggere pesi che sente di non essere in grado di sostenere. A volte, quando parla sinceramente, abbassa persino gli occhi. Ritorna un essere umano, ritorna una persona debole come tutte.

Stavolta non si tratta di un qualcosa che possiamo banalmente definire “maschera”, indossata occasionalmente per difendere una qulche forma di insicurezza. Qui si tratta di qualcosa di grosso, di ortogonale a quello che vedo. La cosa mi intriga, non mi spaventa perchè la spavalderia di Anthony trasuda sicurezza e conforto.

Vorrei che arrivasse a dire la cosa giusta al momento giusto. Non riesce a sbottonarsi, ad aprirsi a dovere. Il suo blocco nel dire le cose che vuole dire potrebbe essere legato a insicurezza e timore, oppure da una grande prudenza.

Poi, con il contagocce, i fatti arrivano, piano piano. Il suo cuore non funziona nel modo convenzionale. Ci metto un quarto d’ora a capire l’astruisità biotecnologica di cui mi sta parlando, non la capisco fino in fondo, e quello che capisco mi lascia assolutamente interdetto.

Poi tutto d’un tratto, l’espressione diventa greve, sembra un’altra persona, sta parlando di altre cose; il cambiamento è così repentino che quasi non me ne accorgo.

Quindi esiste un mondo sommerso sotto questa crosta di apparenza, per quanto splendente e spumeggiante sia. Un mondo di conflitti e di lotte interiori, intraprese con se stesso e con gli altri, alla ricerca di un vincitore, non importa chi.

Basta uscirne. Un senso di colpa prevaricante sembra schiacciarlo e direzionarlo verso il compimento di un piano in cui la giustizia è la risoluzione ultima, indipendentemente da come la si raggiunge.

Un sentimento da paladino, quasi da eroe, tuttavia non riesco a cogliere l'”implementazione” di tale infervoramento, mi sembra riduttivo pensarlo “solo” immerso nell’impegno atto a cambiare il mondo attraverso le vie dirette.

Sento che si muove nell’ombra, impegnato nel tentativo di rendere il mondo saldo nel suo essere caduco, di trasformarlo in acciaio.

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